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sabato 19 gennaio 2013

Mafia, Ingroia, Di Pietro, Grillo e la politica. Intervista a Sonia Alfano.



 Sonia Alfano è un punto di riferimento per me e per chi la segue politicamente da anni. E' una donna integra, chiara, semplice, veramente e sinceramente interessata ai problemi del cittadino: lo so perché è stata uno dei pochi politici che, senza fanfara, si è mossa in aiuto di persone con disponibilità e senza alcun interesse personale. Ciò fa di lei un unicum nello scenario del nostro Paese, per il coraggio di assumere posizioni scomode e di portare avanti le sue idee con fermezza ma con la capacità di mettersi in discussione sempre. Ammiro Sonia da anni, ho sperato che portasse il suo impegno (nella lotta alla mafia, in primis, e non solo in quanto figlia di una vittima) nella politica italiana e ancor di più in quella siciliana. L'intervista che segue è stata fatta per iscritto, quindi non ho ribattuto a ciò che Sonia sostiene, lo faccio ora: non credo, come lei, che davvero vi sia una lotta alla mafia strenua e forte in questo momento (ho imparato da tempo che se la mafia tace non è perché non esiste, ha solo trovato un accordo o lo sta proficuamente cercando); nutro più di un dubbio sulla presa di posizione politica di Ingroia, pur stimando il magistrato enormemente, e ciò mi rende più scettica sul futuro dell'Italia. Ma questi sono appunto pensieri miei, ciò che importa è sentire la voce di una grande donna (e siciliana) con l'immutata stima nei suoi confronti per ciò che è stata e ciò che sa essere.

1) Iniziamo dalla Sicilia: come vedi l'affermazione di Crocetta? E' davvero un segno di rinnovamento?



Sicuramente Rosario Crocetta ha una storia e un approccio alla politica diversi rispetto alla maggior parte dei politici che sono stati Presidenti della nostra Regione. Quindi un cambiamento nel sentire dei siciliani, senza dubbio, c’è stato.



2) La lotta alla mafia sembra essersi arrestata: la tua voce contro appare isolata. Perché non ti sei candidata alle regionali?



Non credo che la lotta alla mafia si sia arrestata. E’ troppo generica quest’affermazione. Di certo non tutte le Istituzioni hanno alzato la guardia a sufficienza. A fronte di una magistratura e di forze dell’ordine che ogni giorno hanno dovuto lottare anche contro l’inadeguatezza del legislatore, buona parte della politica sembra aver chiuso entrambi gli occhi: a volte per negligenza, altre volte perché ha scelto di fare affari con la mafia. Ad ogni tornata elettorale mi viene chiesto perché non mi candido. Non ritengo che la mafia debba essere combattuta esclusivamente dal Presidente della Regione. Posso combatterla dal Parlamento Europeo, dal Parlamento italiano. Tutti possiamo, in qualche modo.

3) C'è un movimento, guidato da De Magistris, l'"arancione" che ha fra i suoi simpatizzanti Ingroia. Che pensi del movimento e di Ingroia (anche in relazione alla sua polemica con Napolitano e alle sue dichiarazioni sul caso Rostagno)?



Penso tutto il bene possibile. Il Movimento Arancione è davvero una ventata di ossigeno in un mondo politico asfissiato da polemiche strumentali, lontano anni luce dalle proposte per il Paese. A questo Paese servono soluzioni, programmi, lo sguardo sul presente e verso il futuro. Ingroia è una persona di specchiata moralità, con un elevato senso del dovere. Quella con Napolitano non è una polemica: il Quirinale ha esercitato pressioni sulla Corte Costituzionale, creando un clima inappropriato in un momento delicatissimo in cui le Istituzioni, a cominciare dal Presidente della Repubblica, dovrebbero essere al fianco di chi cerca la verità. Purtroppo accade il contrario e i magistrati impegnati in prima linea nella lotta alle collusioni mafiose si ritrovano isolati e delegittimati. Esattamente come nel 1992, se non peggio.



4) Sei stata molto vicina all'IdV: credi che Di Pietro debba fare un passo indietro? C'è un futuro per l'IdV?



Non posso dire cosa dovrebbe fare Di Pietro. Quello che posso dire è che ho fatto di tutto affinché si evitasse il tracollo di IdV, che consideravo una potenziale risorsa per il Paese, ma sono stata presa per guerrafondaia. Da alcuni dirigenti del partito sono stata insultata, denigrata e infine allontanata. Sul futuro, avremo le risposte dalle prossime elezioni politiche.

5) Sei stata molto critica con Berlusconi, ora sembrerebbe ritornare a candidarsi: perché, secondo te? E c'è ancora un rischio per la democrazia?



Berlusconi si candida sempre e solo per un motivo: sfuggire alla giustizia e ai processi. Riguardo al rischio per la democrazia... sì, certo, ci sarebbe qualora ci fosse il rischio di una sua elezione. Confido nell’intelligenza e nell’amor proprio degli italiani: non credo che vogliano tornare a vivere l’incubo già vissuto per un ventennio. E’ tempo di cambiare e non si tratta di alternanza: certi personaggi, primo tra questi Berlusconi, devono sparire dalla scena politica. Questo Paese deve crescere e voltare pagina.



6) Sei stata vicina all'area grillina, poi in polemica. Ora che il M5S sembra destinato a un grande successo, puoi parlarmi della tua esperienza con Grillo? E' davvero una minaccia per la democrazia?

In realtà non ho polemizzato con il MoVimento 5 Stelle. E, personalmente, nemmeno con Beppe Grillo. Lui mi ha rivolto degli attacchi, alcuni evidenti altri meno, ingiustificati e ingiustificabili. Ho chiesto spiegazioni pubblicamente. Ho chiesto anche un confronto pubblico. Lui non ha mai risposto. Questa, per me, non è democrazia. Diverso è il rapporto che ho con molti eletti del M5S: spesso abbiamo collaborato per portare avanti battaglie e iniziative comuni. Non posso generalizzare positivamente, né negativamente. All’interno del M5S ci sono persone validissime, che possono fare davvero tanto per il Paese. Altre, molto probabilmente, saranno meno valide e meno utili al Paese. Credo sia così per tutti i partiti o movimenti.


7) C'è un malcontento generalizzato in tutta Italia contro la cosiddetta "casta". Esiste qualche politico che tu salveresti e qual è la formula tua personale per rinnovare l'Italia?



Hanno ragione gli italiani ad essere esasperati di fronte alla saccenza con cui certi politici approfittano della propria posizione e di fronte all’arroganza con cui si concedono diritti discutibili. Il privilegio di per sé è ingiustificabile. Bisogna solo saper scindere il diritto dal privilegio. E’ anche vero che a volte la rabbia spinge il cittadino a contestare anche ciò che non andrebbe contestato, a perdere la lucidità. Ma di certo, in questo Paese, si è esagerato. Rinnovare l’Italia richiede un impegno ben preciso: intanto bisogna rinnovare la classe dirigente, che non è soltanto quella politica. E bisogna farlo mettendo fine a favoritismi e clientelismi per fare spazio al merito! Da troppo tempo, in Italia, il merito non viene premiato. Anzi, viene irriso e sminuito.

8) Parliamo di femminicidio e violenza sulle donne: non hai l'impressione che lo Stato sia troppo lontano dalle vittime? Che proporresti di fare politicamente?



Sì. Il femminicidio è diventato ormai un’emergenza nazionale. I numeri parlano chiaro. Ma le donne tormentate e uccise non sono numeri. Sono esseri umani, le cui vite spezzate sono come coltellate nell’animo del Paese. Due sono le prime mosse da fare: intanto delle massicce campagne di comunicazione e informazione sul fenomeno della violenza domestica e del femminicidio, per sensibilizzare l’opinione pubblica e “educare” le nuove generazioni affinché sviluppino gli anticorpi necessari a respingere forme di violenza di ogni tipo. E, passo ancor più importante, introdurre un’aggravante per questo tipo di delitto. Se una donna viene uccisa in virtù del suo essere donna, il reato deve necessariamente essere considerato più grave. Vale anche per delitti commessi per omofobia. Bisogna combattere la discriminazione, di qualunque genere, con i fatti.

9) All'interno del Parlamento europeo non sarebbe possibile porre all'attenzione di tutti la tragedia che vivono le donne in Italia? Quali sono le altre iniziative che possiamo portare avanti?



Sì, certo che si può porre l’attenzione e personalmente l’ho fatto con diverse attività parlamentari. E tutti possiamo portare avanti delle iniziative, come ho già detto, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica. Ma l’emergenza deve essere affrontata immediatamente dalle Istituzioni nazionali. Dal legislatore, in primis.

10) Quando ti vedremo candidata per la politica italiana e accanto a quale schieramento?



Come ho già dichiarato, nonostante le tante proposte di candidatura, ho scelto di restare al Parlamento Europeo alla guida della Commissione Antimafia. Sono stata votata per l’intero mandato e intendo onorare l’impegno che ho preso, sono solita fare così. Solo la credibilità può riavvicinare la politica alla gente. Sarebbe stato per me facile candidarmi e rientrare in Italia ma quando si ricopre una carica istituzionale così importante si deve anteporre l’interesse collettivo a quello personale. Nel mio piccolo spero di rappresentare un esempio anche per la maniera in cui sto difendendo la credibilità della istituzione che presiedo.












martedì 1 gennaio 2013

La scrittura e l'indipendenza femminile-Intervista a Carmen Covito


Quando si parla di Carmen Covito inevitabilmente il pensiero va a "La bruttina stagionata", il best-seller che l'ha resa nota al grande pubblico. Giustamente, aggiungo. Perché il romanzo affrontava una tematica nuova da un punto di vista originale e  la scrittura di Carmen era ricca, precisa, pungente, ironica, capace di toccare ogni corda della sensibilità umana, come solo pochi grandi scrittori sanno fare. Carmen torna con "Le ragazze di Pompei", edito da Barbera, in un romanzo ambientato nell'antica Roma; ciò ovviamente ti conduce in un binario diverso, l'affresco storico che tanto ricorda il "Satyricon", ma è solo un'impressione superficiale. Carmen è la stessa, nel senso che, ancora una volta, è nuova e sorprendente; che, ancora una volta, ti guida nelle emozioni attraverso uno stile rigoroso ma divertito; che, ancora una volta, con levità e profondità insieme ti porta ad interrogarti sul ruolo della donna, riuscendo a rendere attualissimo un periodo storico così lontano eppure così vicino alle nostre radici. E lasciandoti con l'interrogativo, dilaniante in questi tempi, sul percorso sociale della donna, sul suo ruolo, sul suo presente e il suo futuro, su un cambiamento che un occhio lucido non può non avvertire che volga indietro. La scrittura di Carmen è questo, ma è anche molto di più e chi non l'avesse letta si è perso la possibilità di incontro con un grande autore contemporaneo.

1) "La bruttina stagionata" è stato un successo editoriale incredibile, nuovo per le caratteristiche della protagonista e le sue "avventure". Il messaggio che ne ho tratto è che la donna, al di là dell'età e dell'avvenenza, può essere tutto quello che vuole. E mi sembra tanto in questi tempi dominati dallo stereotipo dell'eterna giovinezza e beltà. E' questo che volevi trasmettere? 

Naturalmente, non volevo trasmettere messaggi: volevo raccontare una storia, e la storia era quella del disagio che prova una donna nel sentirsi giudicata solo – o prima di tutto - per il suo aspetto, quando ha molte altre qualità. Dato che io non sono tagliata per i drammi, ne ho fatto una commedia, ma una commedia aspra, dura come le sfide che ci tocca sostenere ogni giorno. Per una donna affermare la propria identità è quasi peggio che lavare i piatti: una faccenda ripetitiva, che la fai oggi e la devi rifare domani, una noia che non finisce mai, perché non esistono lavastoviglie mentali in cui ficcare tutta una società maschilista. 

2) Sempre in riferimento a "La bruttina stagionata" si legge un'istanza d'indipendenza molto forte. Credi che le donne, da allora, abbiano fatto dei passi avanti? Se no, a che cosa imputi questo stallo?

A volte mi riesce difficile credere che dall’uscita di quel libro siano passati vent’anni. Siamo ancora lì, anzi la situazione è peggiorata, oggi siamo al femminicidio come pratica non eccezionale, per non dire quasi normale. In Italia, non c’è il minimo dubbio sulla responsabilità di questa situazione: il berlusconismo ha affossato ogni principio di progresso, imponendo un’immagine arcaica della donna, tutta sesso e giovinezza, o tutta sesso e chirurgia estetica. Ha rigettato un’intera generazione di donne in una mentalità da schiave, obbligate a compiacere questo o quel padrone per strappargli un regalo, una carriera, una poltrona ministeriale o la pura sopravvivenza. Adesso bisogna ricominciare, raccogliere i cocci, ricostruire, ma che fatica... 

3) "Le ragazze di Pompei" è un romanzo molto particolare: lo ambienti nell'antica Roma, facendo quasi respirare l'atmosfera che vi regnava. E' un tuo omaggio alla storia? Hai voluto in qualche modo far avvicinare il lettore ad una conoscenza più approfondita delle nostre origini?
Per la verità, quelle non sono tanto le nostre origini ma proprio le mie... Io sono nata lì, sul sito dell’antica Stabia, dove c’erano delle gran belle ville romane che furono distrutte dalla stessa eruzione che seppellì Pompei e Ercolano, ed è praticamente da sempre che avevo voglia di scrivere un romanzo ambientato in quell’epoca, ma mi ero sempre scontrata con un problema di stile. Come lo racconti il passato? Con che lingua? Come fai a evitare l’effetto peplum e a non ritrovarti subito nella scena madre di Quo Vadis? Alla fine ho trovato la soluzione ricordandomi il piccolo shock culturale che avevo provato da piccola, vedendo per la prima volta in una vetrina di museo gli oggetti quotidiani trovati negli scavi, il cibo carbonizzato ma perfettamente riconoscibile: il pane, le olive, i cucchiai, le brocche...  cose leggermente diverse dalle nostre eppure uguali, familiari. La scommessa è stata quindi quella di ridare vita agli antichi romani facendoli parlare come noi, ma senza perdere questa impercettibile sfasatura data dalle differenze storiche, di mentalità, di pensiero, tra noi e loro. 


4) Le donne di "Le ragazze di Pompei" sono anche loro piuttosto indipendenti ma sembra che la vera differenza la faccia la cultura. Credi che sia così anche oggi? L'indipendenza è un fattore culturale o un'esigenza innata?

Facciamo una premessa: senza cultura non ci può essere indipendenza. E questo lo possiamo dire in molti modi, per esempio possiamo dire che senza informazione non c’è libertà, ma abbiamo detto la stessa cosa. Nel romanzo, immagino che la figlia di un libraio abbia il sogno di creare un’accademia per insegnare filosofia alle ragazze di Pompei, ma mi sono permessa di immaginarlo perché nella realtà storica di quell’epoca c’erano davvero donne colte, brillanti, e c’erano soprattutto donne economicamente indipendenti, bottegaie, artigiane, piccole o grandi imprenditrici. Non ci hanno raccontato direttamente le loro storie perché le convenzioni non lo permettevano, ma hanno lasciato molte tracce concrete di attività, e per raccontarle basta saperle leggere.  

5) In entrambi i tuoi libri, le figure maschili sono deboli e in secondo piano, schiacciate dalla forza di quelle femminili: è una tua precisa scelta? Gli uomini sono davvero più deboli e vigliacchi delle donne?

Suppongo che questa sia una domanda retorica. Posso appellarmi alla facoltà di non rispondere? :-)


6) Ho letto che hai ricevuto feroci critiche maschili dopo "La bruttina stagionata": che cosa avevi messo in crisi? Perché si sono tanto risentiti? E le donne, invece, come hanno reagito?

Non erano critiche: erano telefonate anonime, e anche piuttosto minacciose.Ho fatto togliere il mio numero dall’elenco, ma prima di capire perché mai quei maschi anonimi ce l’avessero con me ho dovuto pensarci parecchio. Evidentemente, li disturbava l’atteggiamento della protagonista del romanzo, che guarda e giudica gli uomini,  non si lascia trattare da oggetto ma si fa soggetto attivo, e arriva a usare il sesso come strumento di conoscenza. Inutile dire che le donne invece hanno reagito benissimo. Anzi, mi capitava di sentire delle lettrici giovani e bellissime che mi dicevano di essersi identificate con la protagonista, e io trasecolavo e dicevo, “Ma sei matta?”. Evidentemente, ero andata a toccare un punto sensibile di tutte le donne: non siamo mai sicure di noi stesse. A differenza degli uomini, che tendono ad essere sicuri di sé anche, e soprattutto, quando non ne hanno motivo.

7) Esiste, secondo te, un modo femminile di raccontare o è uno stereotipo discriminante? Tu che cosa leggi?

Non credo nella differenza di genere applicata alla letteratura, anzi non credo molto nemmeno nei generi letterari. Credo, semmai, che esista una maniera femminile di vedere le cose che può rivelare aspetti inediti della realtà, ma non diversamente da come può fare qualunque altro sguardo marginale, eccentrico rispetto a quella realtà. Spesso le donne hanno ancora l’occhio  dell’immigrato, dello straniero, dell’alieno. Un occhio rivelatore, l’occhio che vede quanto è nudo il re. Quanto a me, purché siano libri belli e interessanti, leggo di tutto e di tutti.

8) Ti occupi di cultura giapponese: c'è una differenza fra la donna italiana e quella giapponese come mentalità, modo di vivere, modo di essere considerata?

La società giapponese è indubbiamente maschilista, ma non molto più della nostra. E a differenza della nostra ha sempre riconosciuto alle donne un posto di rilievo nella produzione di opere letterarie: il Dante Alighieri giapponese è una donna, la dama di corte Murasaki Shikibu, autrice del romanzo “Genji Monogatari”. Adesso ne abbiamo finalmente una magnifica traduzione in italiano (ad opera di un’altra donna, la professoressa Maria Teresa Orsi: Murasaki Shikibu, “La storia di Genji”, Einaudi 2012)) e se volete capire la cultura giapponese vi raccomando di leggerlo! 


9) Parliamo di linguaggio: quali sono i modi di dire, gli errori grammaticali e ortografici che più ti fanno inorridire? Credi che, in generale, oggi si scriva e parli meglio o peggio che in passato?

Sto conducendo una battaglia personale contro il verbo “posizionare”, che mi fa letteralmente rabbrividire, ma temo che ormai sia una battaglia persa, perché l’ho visto infiltrarsi anche in austeri saggi accademici. Purtroppo, ha ancora ragione il vecchio Baldassar Castiglione: a decidere il destino di una lingua è l’uso. Le parole straniere, i neologismi, gli errori, transitano per i nostri discorsi come le merci attraversano i territori: alcune risulteranno utili e si fermeranno, altre scompariranno e nessuno le rimpiangerà.