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giovedì 14 giugno 2012

La Chiesa ha inventato la pubblicità?- Intervista a Bruno Ballardini.


Bruno Ballardini è una delle menti più brillanti che mi sia capitato d'incontrare. Autore di un libro stravenduto,    "Gesù lava più bianco", porta avanti una tesi che non solo è geniale ma constatabile da tutti.
Da Wikipedia: " L'idea originaria del libro nasce da una dichiarazione di monsignor Ernesto Vecchi, il 2 ottobre 1997. Rispondendo alla domanda "La Chiesa ha preso lezioni di marketing?", questi rispose:"Scherziamo? La Chiesa può solo darne di lezioni. Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa».[2] Prendendo spunto da questa frase, l'autore si propone di rintracciare - da San Paolo all'elezione di Papa Benedetto XVI - la storia delle tecniche pubblicitarie messe a punto dalla Chiesa cattolica allo scopo di smontarne le dottrine, i rituali e tutta l'impalcatura teologica su cui essa stessa poggia. Ricostruendo passo passo la secolare capacità di comunicazione delle alte gerarchie ecclesiastiche ne svela i retroscena soggiacenti alla propaganda e al pragmatismo religiosi, offrendo un contributo interdisciplinare (sociologico, etnologico, antropologico e psicologico) per una lettura alternativa della Chiesa cattolica romana, che egli definisce come una azienda dai metodi pubblicitari più efficaci e più intrusivi della storia occidentale.
Bruno Ballardini individua 5 punti strategici di marketing, con cui spiega il successo planetario della Chiesa cattolica:
  1. un logo riconoscibile da tutti: la croce
  2. punti vendita ai quattro angoli del pianeta: le chiese
  3. campagne pubblicitarie sapientemente orchestrate a partire dalla Casa-Madre: la Basilica di san Pietro
  4. un direttore generale riverito: il Papa
  5. un prodotto gratuito alla portata di tutti: la fede."
  6.  A questo libro segue "Gesù e i saldi di fine stagione", un'opera più di fantasia ma ugualmente provocatoria e che offre lo spunto per ampie riflessioni sul tema. La scrittura di Bruno è puntuale ma non per questo poco piacevole, anzi. Il suo gusto per il motto di spirito, la sua arguzia, la sua ironia pungente sono sempre presenti rendendo la lettura delle sue opere estremamente coinvolgente ed appassionante. Parlando di pubblicità, non ho potuto fare a meno di chiedere a Bruno il suo punto di vista sulle tecniche messe in atto anche dai leader politici. A voi il piacere  di leggere le sue risposte mai banali o superficiali, auspicando una riflessione sulle strategie del marketing  che sono oggi più attuali che mai e sperando che i cattolici riescano ad andare oltre quella che per loro potrebbe sembrare blasfemia.
  7. 1) In che senso la Chiesa ha inventato il marketing?

  8. Io sono stato il primo a dirlo ma ci sono voluti due libri per dimostrarlo, quindi è un argomento un po' lunghetto da spiegare… anche se Monsignor Ernesto Vecchi nel 1997 aveva già detto: "Il marketing? L'abbiamo inventato noi". In "Gesù lava più bianco" ho mostrato come le strategie utilizzate dalla Chiesa in 2000 anni di storia coincidano precisamente con i principi del marketing moderno, testo a fronte. Quello che molti non capiscono è che il marketing non ha nulla a che fare con la vendita di qualcosa ma con lo scambio di valori. E adesso l'argomento cominciano ad accettarlo perfino i sociologi della religione… 

    2) Ne ha ancora bisogno ora che è travolta da scandali di ogni tipo? 


    Beh non è certo con il marketing che si risolvono gli scandali… Ma, da un certo punto di vista, gli scandali sono il guaio minore fra i problemi che la Chiesa deve affrontare oggi. Certo influiscono enormemente sulla sua credibilità, ma la Chiesa in realtà è sull'orlo del baratro e fa finta di non accorgersene. Ci sono problemi interni che stanno sfuggendo di mano e soprattutto la sua dottrina è ormai obsoleta e inadeguata ai tempi. 


    3) Nel libro "Gesù e i saldi di fine stagione" ipotizzi che la Chiesa sia in crisi: quanto è vero ciò? E credi che la crisi sia dovuta a lacerazioni interne?

    La crisi della Chiesa cattolica è un fatto epocale, non sono io a dirlo. L'ha detto in vario modo e a più riprese Hans Küng, il più grande teologo cattolico (ma anche il meno ascoltato dalla Chiesa) che fu compagno di studi proprio di Ratzinger. Io mi sono limitato ad inquadrare da un punto di vista di marketing i fattori di crisi. C'è prima di tutto una frammentazione in tante "chiese nella Chiesa", centri di potere come Comunione e Liberazione, Opus Dei, Focolarini e Legionari, che si contendono fette di potere senza esclusioni di colpi e intendono il cristianesimo in modo piuttosto diverso. Poi c'è l'arrivo di nuovi e temibili concorrenti, cioè religioni nate a tavolino e inventate da uomini di marketing. E ancora, l'avvento delle nuove tecnologie: di fronte all'intelligenza artificiale, ai primi esseri sintetici dotati di coscienza (e state tranquilli che ci stiamo arrivando, in Giappone siamo già alla ricerca sui "sentimenti artificiali") tutta l'etica cattolica, come dicevo prima, risulterà obsoleta e se la Chiesa non porrà mano urgentemente a un rinnovamento dei suoi valori fondanti rischia di scomparire. Infine, nel libro sostengo che la Chiesa cattolica con la sua crisi di credibilità rischia di trascinare nel baratro tutto il cristianesimo. Nel momento in cui implicitamente la Chiesa di Roma dice "il cristianesimo siamo noi", tutti quelli che si dichiarano cristiani sono coinvolti e condividono, loro malgrado, questa perdita di credibilità. 


    4) Sei critico con la Chiesa ma obiettivo: quali sono i punti della strategia pubblicitaria del Cattolicesimo che di più t'infastidiscono? Si può parlare di pubblicità ingannevole?


    No, perché è rivolta a gente che chiede proprio questo: illudersi. Oggi ci sono perfino studi che spiegano la "performance" dei sacramenti. Nella teologia più moderna si parla di "efficacia". È terribile. Come se occorresse ancora trovare giustificazioni razionali a qualcosa che non ha nulla di razionale ma che sta anche perdendo il suo potere magico. Perché sta venendo a mancare la fiducia da parte della gente e la ritualità sta svuotandosi di significato. Non ha più pathos, non ha più sostanza. Per questo stanno aumentando i neo-pentecostali e le forme di cristianesimo che provengono dal Sud del mondo. Nei loro riti l'atmosfera si taglia col coltello, si tocca con mano lo "spirito", c'è carne e c'è sangue veramente, c'è gente che si mette a piangere, che cade in trance. In confronto, una messa fatta da qualsiasi prete dell'Occidente civilizzato sembra un noioso rito burocratico svolto da un "impiegato della spiritualità" che timbra il cartellino ogni domenica per un pubblico di gente annoiata. Il cattolicesimo ha perso completamente la sua spiritualità, il suo misticismo. Vogliamo parlare di inganno? Il massimo inganno è sentir parlare di "misticismo" da un papa teologo razionalista: quanto di più lontano possa esistere dalla semplicità di San Francesco.

    5) Da un punto di vista strettamente comunicativo, quali sono le maggiori differenze fra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?


    Papa Wojtyla ha fatto uso della spettacolarizzazione e di un linguaggio semplice, Ratzinger parla come un teologo. Anche quando sembra usare apparentemente un linguaggio semplice si sente che dietro a quella semplificazione c'è tutta la complessità della teologia e quindi risulta freddo, cerebrale. Ma attenzione che nel marketing si usa dire che quando un prodotto arriva alla fine del suo ciclo di vita, c'è ancora una possibilità: quella di fare più pubblicità possibile al prodotto, fare chiasso, per sostenere ancora le vendite mentre si pone mano ad un rinnovamento del prodotto. Wojtyla doveva essere consapevole della crisi, forse la sentiva già, e istintivamente ha agito in modo corretto. Il fatto è che poi si sarebbe dovuto riunire il concilio, pardon consiglio d'amministrazione, e pensare ad una riforma della Chiesa. Invece Ratzinger non l'ha fatto, si è comportato come un ottuso amministratore delegato, dicendo che tutto va bene e che non occorre nessuno concilio, un po' come Marchionne, insomma, finché ci sono ancora consumatori che ci credono. Ma non si può caricare tutto sulla buona fede dei consumatori, anche la Marca deve assumersi delle responsabilità. Il cardinale con cui mi confronto in "Gesù e i saldi di fine stagione" appartiene alla stessa minoranza di Carlo Maria Martini, che ovviamente è una minoranza nella Chiesa, che non ha voce in capitolo. Eppure Martini sulla questione si è espresso così: "Un concilio? Ma ce ne vorrebbe uno al mese di concilio! Io ormai passo il poco tempo che mi rimane a pregare per la Chiesa"…


    6) Come ti spieghi la fascinazione per dei leader o degli ideali che, poi, vengono magari criticati nella pratica quotidiana?

    Io sono un vecchio anarchico e sogno ancora l'utopia, la società autogestita e senza leader, ma in Italia la gente è rimasta intimamente monarchica, ha bisogno di leader per poter decidere o forse per delegare loro tutta la responsabilità di gestire la cosa pubblica, mentre la parola "democrazia" significa esattamente l'opposto. Deleghiamo pur di non fare la fatica di partecipare e poi continuiamo a lamentarci perché tutto va male. Siamo ancora un popolo di schiavi. 

    7) Che differenze vedi fra il fenomeno Berlusconi e Grillo?

    Sarebbe troppo facile rispondere che non c'è nessuna differenza, sono due comici. Ma questa battuta l'ho già sentita e allora dirò che c'è un abisso. Come c'era un'abisso fra la Lega della prima ora, partito popolare, e Forza Italia, partito di plastica inventato dalla borghesia di destra. Entrambi hanno dimostrato quanto in Italia siamo lontani dalla democrazia. Non ho ancora visto in azione il movimento di Grillo. In termini parlamentari, intendo: è difficile passare dallo spontaneismo di piazza alla politica istituzionale tutto d'un botto. Staremo a vedere. Berlusconi e Grillo però materializzano delle pulsioni che sono presenti nella gente: il primo è l'apostolo dei furbi, il secondo è l'apostolo di quelli che "bisogna cambiare tutto" ma poi sono costretti ad entrare in Parlamento…

    8 )  La pubblicità è, in qualche modo, anche l'arte di manipolare. Come si può evitare di rimanerne vittime?



    Questo è un luogo comune. E non lo dico perché spesso mi auto definisco un "pubblicitario pentito", ma perché è una leggenda metropolitana che risale al famoso libriccino scritto dal giornalista Vance Packard, "I persuasori occulti" a partire dal quale la gente ci ha additati come untori, come oscuri manipolatori di coscienze. La buon pubblicità invece è trasparente e si fa alla luce del sole, deve essere prima di tutto informativa (ricordo il motto di una delle grandi corazzate Potemkin della pubblicità, la McCann Erickson, che era "Truth Well Told", ovvero, "la verità detta bene". Noi se diciamo il falso andiamo in tribunale. I veri manipolatori, i veri persuasori occulti, sono i nostri colleghi comunicatori che lavorano nelle PR (le Public Relations), e organizzano congressi scientifici per orientare l'opinione pubblica verso la difesa di prodotti dannosi o dirottandola su aspetti irrilevanti facendo disinformazione. Perfino Veronesi fa disinformazione quando parla degli OGM e dice che li mangia abitualmente e garantisce che non sono cancerogeni! Ma infatti chi ha mai detto che sono cancerogeni? Il problema sta da tutt'altra parte e cioè che se per caso cominci a coltivare gli OGM questi rendono sterile il terreno e i terreni circostanti e tu che prima usavi una parte delle sementi del raccolto per seminare di nuovo, da adesso in poi dovrai andarle a comprare ogni anno dalla Monsanto e dalle altre multinazionali che hanno inventato questi mostri per farti diventare loro cliente! Ripeto, se esiste l'arte di manipolare, noi pubblicitari non l'abbiamo mai usata. 

    9) E' solo la religione cattolica ad usare strategie comunicative?

    Le strategie di comunicazione le usano più o meno tutti coloro che devono fare proselitismo o diffondere un messaggio. Ma la Chiesa cattolica è l'unica l'unica che a monte di queste strategie ha anche delle strategie di marketing.

    10) Quali personaggi storici e quali contemporanei hanno saputo, secondo te, usare meglio le strategie comunicative e quanto consapevolmente?

    Quando dicono che Berlusconi è stato (anzi è, perché purtroppo esiste ancora) "il più grande comunicatore", dicono una sciocchezza. Perché dopo essersi appropriato di quasi tutti i canali di comunicazione, compresa la Rai, qualunque sciocchezza dica ha una copertura tale per cui agli occhi della gente sembra che nessun altro lo contraddica e quindi abbia ragione. E il suo messaggio proviene da una strategia di vendita non di marketing. C'è una differenza fondamentale fra chi vende e chi fa marketing: chi vende ha come obiettivo solo quello di vendere a qualsiasi costo purché si venda. Per i padri fondatori del marketing come Philip Kotler, invece, l'obiettivo principale del marketing è ottenere la soddisfazione del consumatore (oggi si dice "stakeholder" cioè persona coinvolta). Con questo il marketing ottiene la fidelizzazione, ovvero la fiducia del pubblico di riferimento e solo grazie a questo riuscirà a stabilire nel tempo uno scambio commerciale valido in termini di reciproca soddisfazione. Le strategie di comunicazione che escono da questo processo sono più "oneste". Faccio un esempio nella comunicazione politica, che in genere è la più disonesta e secondo me non dovrebbe nemmeno esistere (in pubblicità si usa fare promesse verificabili pena la perdita di fiducia da parte del pubblico, e i politici che fanno pubblicità fanno promesse che ancora non possono dimostrare di mantenere, quindi la pubblicità politica è immorale). Ebbene, in una delle ultime elezioni, Niki Vendola ha fatto realizzare una campagna in cui diceva semplicemente quello che aveva fatto non quello che avrebbe fatto. Come dire "su questo non ci piove, sono in grado di farlo perché l'ho fatto". Questo è un esempio di campagna onesta. In generale non mi piace la modalità cui ci siamo abituati da Toscani e Sgarbi in poi, cioè la comunicazione urlata. E poi l'abuso dei media di massa. Oggi sembra che i migliori comunicatori siano solo quelli che urlano di più sui mass media. E non è affatto così. Per me, i migliori comunicatori della nostra epoca tecnicamente sono Tullio De Mauro e Umberto Eco, ma quanti li hanno seguiti? Quanti li hanno letti? Parliamo di personaggi storici: per me, il più grande comunicatore (e stratega di marketing) di tutti i tempi è stato Paolo di Tarso. Senza di lui il cristianesimo sarebbe rimasto la religione di una minuscola e sconosciuta setta ebraica. Un uomo di un'intelligenza oserei dire diabolica.

venerdì 8 giugno 2012

Se permettete sono gay- Intervista a Michele J. Camarda

Fare informazione non significa essere obiettivi, nessuno che sia onesto potrà mai dichiarare la sua neutralità su un tema perché ognuno di noi ha quel bagaglio di conoscenze e di vissuti che lo costringono a prendere posizione. Ma fare informazione significa essere onesti, porre cioè quelle domande che porrebbe chi non la pensa come me. E dunque nel giorno del gay-pride a Bologna ho deciso di far conoscere la realtà di un omosessuale comune. Nessun personaggio celebre, nessun VIP che darebbe una versione comunque distante dalla realtà quotidiana vissuta da un omosessuale. Non aspettatevi la solita storia strappalacrime, Michele J. Camarda è un uomo fortunato e sa di esserlo. Non ha ricevuto botte, non è stato escluso, non è stato rinnegato dalla sua famiglia né dagli amici, non vive drammi né lacerazioni interiori, Michele è un uomo comune (non uso appositamente la parola "normale" perché i termini della "normalità" ritengo siano soggettivi), ha di speciale un'intelligenza brillante, un grande senso dell'umorismo e una cultura che si evince da ogni sua risposta. Prima di lasciar parlare lui, una premessa doverosa: il termine "pride" non significa "orgoglio" letteralmente, ma "non vergogna", fierezza delle proprie scelte. Infine: tutte le risposte date da Michele sono ovviamente rispecchianti il suo pensiero, non vogliono e non possono essere simbolo di un ipotetico "pensiero gay" giacché questo non può esistere, ogni individuo rappresenta sempre solo sé stesso ed immaginare che tutti gli omosessuali condividano gli identici pensieri è, a parer mio, la prima forma di discriminazione ingenerata, come sempre, dall'ignoranza.

1) Essere gay è una scelta o una condizione imposta dalla natura?

Una condizione meravigliosamente suggerita dalla natura, come qualsiasi altro orientamento affettivo/sessuale!

2) Come hai vissuto personalmente la tua omosessualità? Com'è stato parlarne alla tua famiglia e ai tuoi amici?

“Mamma, sono gay!”
“Yahoo! Niente sciacquette in casa!”
Facilissimo, perché sono nato e cresciuto in un contesto culturale medio-alto (dunque riconosco di essere stato “privilegiato”).

3) Quali sono, secondo te, le difficoltà che incontra quotidianamente un omosessuale?

Avere a che fare con persone idiote, arretrate e medievali (che rappresentano, ormai, il 98% della popolazione italiana).

4) Quando gli uomini sanno che sei gay cambiano atteggiamento nei tuoi confronti? Temono avance?

Quelli con pochi strumenti culturali e poche letture, incapaci di esprimere correttamente nella propria lingua madre qualsiasi concetto, sì. Gli altri ovviamente no.

5) E' più difficile per un omosessuale avere una vita di coppia a partire dal corteggiamento?

Credo che le esperienze siano simili. C’è sicuramente un ostacolo in più: a parte l’attrazione reciproca occorre che entrambi condividano il medesimo orientamento.

6) Quali sono gli stereotipi che più ti infastidiscono sui gay?

Mi infastidisce qualsiasi stereotipo, anche riguardante gli etero. Le sfumature fra una persona e un’altra sono molteplici; non riesco a pensare a un essere umano e incasellarlo in categorie

7) Che senso ha il gay-pride? Può esistere un orgoglio omosessuale?

Esiste, nel mio caso, l’orgoglio di non fingere di essere etero e accoppiarmi con donne usate come copertura. Non ho mai partecipato a un Gay Pride per un unico motivo: soffro il caldo e vengono organizzati sempre d’estate!

8 )  Qualcuno dice che "tollera" benissimo i gay a patto che non si bacino in pubblico: è omofobia?

Sì. Che deriva dall’analfabetismo di cui sopra, fonte di qualsiasi male che affligga la società contemporanea; nonché dalla paura dei propri desideri latenti e repressi.

9)  Che cosa pensi di personaggi famosi che hanno dichiarato pubblicamente di essere gay? E di chi non lo fa?

Penso tutto il male possibile di chi si finge etero, come già asserito. Il “non detto”, a patto che non venga accompagnato da dichiarazioni omofobe per allontanare i sospetti da sé, non mi dà fastidio. Rispetto la privacy di chiunque.

10) Quali sono i diritti imprescindibili che la società dovrebbe dare ai gay e credi che l'Italia sia pronta a riconoscerli?

I diritti civili e umani, che dovrebbero essere condivisi da tutti. In più auspico una Legge contro l’omofobia. Essere picchiati esclusivamente in quanto persone omosessuali è ben diverso da violenze generate da comportamenti o avvenimenti assortiti. Alcuni italiani sono pronti; chi li rappresenta, o si illude di poterli rappresentare, evidentemente non ancora.

11)  Qualche astrologo usa fare gli oroscopi per "donne", "uomini" e "gay": che cosa ne pensi? L'omosessualità investe solo la sfera intima o è un modo di essere?

Anche questo deriva dall’abnorme e inconcepibile ignoranza della società attuale. Distinguere “genere”, “identità di genere” e “orientamento” dovrebbe essere alla portata di tutti, non prerogativa degli adepti dell’Accademia della Crusca.

12)  Ritenere "gay" un insulto non è già di per sé fare una discriminazione?

È una delle peggiori.

13) Secondo te Gesù oggi che atteggiamento avrebbe verso l'omosessualità?

È come chiedermi come si comporterebbero Candy Candy o Capitan Harlock. Per me sono, tutti e tre, frutto della fantasia di geniali autori.




mercoledì 6 giugno 2012

Io, vittima di stalking.-Intervista a Eleonora Giovannini.


Eleonora è una poetessa, scrittrice, giornalista ed ultimamente volto noto della TV per la sua partecipazione in molti programmi (potrete trovarli su Google e ascoltare direttamente la sua voce). La forza di Eleonora è stata soprattutto quella di raccontare la sua esperienza di vittima di stalking; l'ha fatto in TV, in radio, in un libro, continua a farlo attraverso gruppi e pagine su FB (http://www.facebook.com/groups/93261822914/), per aiutare altre persone spaventate, umiliate, picchiate, maltrattate psicologicamente, devastate ad uscire da quell'incubo prima che sia troppo tardi. E', così, diventata punto di riferimento per molte altre vittime di stalking alle quali offre conforto, solidarietà e consigli pratici per aiutarle a non soffrire più. Eleonora è anche una persona dolcissima, umile e forte, donna in ogni sua manifestazione, bella fuori e dentro che vi invito a conoscere attraverso le sue stesse parole. A me hanno dato i brividi e, commossa, la ringrazio.

1) Sei stata vittima di stalking: come te ne sei resa conto?

La consapevolezza è in effetti il primo passo verso la libertà. Essere vittime di stalking non significa semplicemente subire maltrattamenti, ma ha a che fare con uno stato dell’io molto più profondo, con una forma di isolamento progressiva, come un’iniezione a piccole dosi che si traduce in invalidazione. Si smette non tanto di vivere, ma di esistere. Si perdono i riferimenti con la normalità, con la comunicazione, con le cose e con le persone. Quando si soffre di ansia e non si sa il perché, allora qualcosa non va. E’ da questa domanda che ho iniziato il mio percorso di coscienza. Non si sta mai male per caso.

2) Qual è la difficoltà principale per una vittima di stalking?

Una vittima di stalking ha paura anche della propria ombra, teme di aprirsi agli altri perché sente di non essere creduta e di essere giudicata. Lo stalker è un manipolatore abile e razionale, che si nutre delle nostre stesse insicurezze e che pianifica ogni sua azione a priori, strumentalizzando ogni situazione a proprio vantaggio, ma soprattutto screditando la sua preda agli occhi del mondo. Il mondo di cui parlo è rappresentato da coloro che fanno parte della vita della vittima, quindi la famiglia, gli amici. Quando un felino vuole uccidere la sua preda cerca di isolarla per poterla agguantare. Il comportamento dello stalker è simile a quello di un felino.

3) Hai denunciato. Sei stata aiutata dalle forze dell'Ordine?

Ho denunciato cinque volte il mio stalker, ma non sono stata assolutamente tutelata. Ho assistito ad una vera e propria omertà, accompagnata da un’ipocrisia sociale vergognosa. Ho incontrato qualche esponente delle forze dell’ordine in gamba e professionale, ma di altri non posso dire altrettanto. Il mio aguzzino è un maresciallo dei carabinieri, che ora, oltre a non essere mai stato nemmeno trasferito, vanta perfino dell’utilizzo di un alloggio di servizio, con tutti i confort che ne derivano. Al contrario, io, ho arrancato per diverso tempo nel disagio profondo e con una bambina a carico. Ho ricostruito la mia esistenza da zero, con il supporto di una psicologa e facendo appello alle mie risorse personali

4) Quali sono i consigli che senti di dare a chi è vittima di stalking?

Mai accettare la propria condizione, soprattutto mai inventare a se stessi una realtà alternativa inesistente, mai giustificare il proprio stalker. Bisogna affrontare lo stato di cose. Ce l’ho fatta io con un uomo armato, priva di mezzi economici, priva di un lavoro e perfino della patente. Ogni condizione grave è superabile. Vorrei ricordare che è la nostra paura che rende forte un carnefice. Smettere di avere paura vuol dire rendere lo stalker debole. Consiglio inoltre di tessere intorno a se stessi una tela relazionale. Chiedere sostegno ad amici, soprattutto affidarsi ad uno psicologo bravo e competente. Parlarne con un avvocato e denunciare. La denuncia, al di là dei suoi percorsi burocratici lenti, ufficializza la nostra condizione, la tira via dal silenzio e questo dato è molto importante. Non è vero che denunciare è un rischio per la propria incolumità. E’ vero che tacere regala spazio allo stalker.

5) Assistiamo a casi di stalking e femminicidi ormai quasi giornalmente: secondo te per quale ragione?

Io credo che le ragioni siano legate ai mutamenti storici, al percorso di autoaffermazione della donna. Una volta le donne subivano i soprusi culturalmente, oggi abbiamo di fronte una donna che sfugge al controllo ed al dominio maschile. La donna ha un ruolo sociale ben definito, che le conferisce non soltanto dei diritti, ma una propria identità giuridica e personale. Questo dato ribalta drasticamente la vecchia gerarchia sociale.

6) Che cosa non dovrebbe mai fare una vittima di stalking?

Una vittima di stalking deve giocare con le stesse carte che usa lo stalker. Non deve essere impulsiva, non deve “perdere la testa”, non deve spaventarsi, soprattutto non deve comunicare con il suo stalker, poiché non esiste comunicazione con chi controlla la vita degli altri, ma soltanto una spirale psicologica che tende ad indebolire ed annullare

7) Come hai fatto a superare la tua personale esperienza?

Mi sono amata. Ho voluto bene a tutte le mie molteplicità, alla Eleonora donna, madre, femmina e professionista.  L’autostima non è soltanto una bella parola scritta sul libri. E’ il contatto costante della nostra mente con la propria anima. Noi siamo importanti, fondamentali. Abbiamo potere personale, abbiamo un talento da esprimere ed una vita da meritare. Questo è l’obiettivo. Vincere non è semplicemente sopravvivere e salvarsi. Vincere significa pretendere di essere felici.

8 ) Aiuti altre donne: lo stalking ha molte facce e qual è quello più difficilie da riconoscere?

Si, molte donne mi scrivono e si identificano in me. E fanno bene. Io sono l’esempio vivente di una donna che ama se stessa e la propria vita. Lo stalker deve essere riconosciuto dalla vittima, ma anche dalle persone alle quali la vittima chiede aiuto. Alle vittime dico: chi vi ama non vi controlla. Non confondete la protezione con l’isolamento. Non esiste protezione in amore, ma valorizzazione dell’autonomia altrui. Alle persone che osservano dico: lo stalker è l’opposto di ciò che sembra. Diffidate dalle apparenze, da quei modi gentili e puliti attraverso i quali si mostra, ma fidatevi delle richieste di aiuto della vittima, che in apparenza sembra tanto squilibrata emotivamente. E’ soltanto indebolita, confusa e spaventata. Aiutatela, non abbiate paura di chi chiede aiuto.

9) Hai scritto un libro sulla tua esperienza, "Stop", e sei spesso in TV: ciò ti ha tutelata maggiormente o esposta ad altre critiche?

Il mio libro “Stop testimonianza di una vittima di stalking”, è servito a tante donne che lo hanno letto, perché nello stesso esorto al coraggio e dimostro che qualsiasi condizione di abuso è superabile. La scrittura per me è stata l’unica forma di identità. I miei diari, le mie poesie, erano anche allora una finestra sul mondo. Ed ora rappresentano per me una professione. Andare in tv mi è servito tantissimo, è stato come ricevere l’abbraccio di un universo, un modo per uscire dal buio più nascosto e rivelarmi alla luce. E’ stata anche una prova di forza, dove non sono mancati i giudizi, gli attacchi da parte di mitomani, di stalker, di gente affetta da invidia. Ho subito ritorsioni anche a scuola, veri e propri fenomeni di bullismo rivolti a mia figlia.

10) Quanto è cambiata la tua vita rispetto ai sogni che avevi da bambina? Che cosa sogni adesso? 

Io ho avuto una vita costellata da abbandoni. Sono cresciuta in collegio e sono stata adottata a sette anni. Lo stalker sceglie sempre la sua vittima e di solito preferisce circuire quelle già provate o più fragili. La mia vita non è cambiata, è proprio una seconda vita. Per un lungo periodo credo proprio di essere stata morta. Ora sono presente, esistente, guido la macchina e lavoro. Pubblico libri, scrivo per un giornale, collaboro con diversi artisti nel campo del teatro e dell’editoria. Soprattutto sono amata dagli altri, sono amata e cercata. E questo succede a chi ha imparato ad amare se stesso. Sogno di assistere ad una società forte, fatta di donne che sorridono. Molti mi dicono:”ma tu ce l’hai fatta perché hai studiato e sai parlare, sai scrivere”. Rispondo loro: No, io ce l’ho fatta perché ho amato me stessa. Un tempo ero balbuziente e non sapevo esprimermi in pubblico. Non è necessario aver studiato per vivere con gioia. Conta semplicemente credere in noi stessi, che non è una frase fatta dei cioccolatini perugina. E’ prendere atto che ognuno ha un proprio talento e delle risorse personali. Non identificatevi nella mia personalità, ma nelle azioni che vi ho elencato e che portano chiunque allo stesso traguardo.

lunedì 4 giugno 2012

Il calcio e il rapporto con Beppe Grillo- Intervista a Gianluca Iovine.

Gianluca Iovine è un giornalista e sceneggiatore che si è fatto conoscere attraverso un libro, "Cercando Scirea", edito da Castelvecchi. Scirea diviene un simbolo (e chi ha vissuto i Mondiali del 1982 non può scordare un solo attimo di quell'avventura), ricreato attraverso spezzoni di vita privata e pubblica. Per chi l'ha visto giocare era un modello di eleganza, riserbo, signorilità; difficile trovare qualcosa di simile nel panorama calcistico attuale. Con la stessa passione, Gianluca s'impegna in politica, nel Movimento 5 Stelle di Grillo ed anche questa è un'occasione per poterci interrogare sul nostro presente in attesa di un futuro che, banalmente come sempre, ci si augura migliore. Il pregio maggiore di Gianluca, oltre alla conoscenza di ciò di cui scrive, è l'onestà accompagnata dalla rara obiettività che pochi tifosi di calcio e/o di politica mostrano di avere.


1) Perché proprio Scirea? Sei un tifoso della Juventus?


Da ragazzo tifavo Juventus ed ero felice di completare la formazione sull'album Panini. Di Scirea mi colpiva il viso irregolare e quel neo sul volto. Poi venne il tempo di vederlo giocare, anche in Nazionale. Fu allora che capii che campione era. Più tardi mi innamorai della sua anima silenziosa. Mi stupiva che fosse amato dagli avversari, che si sforzasse di non apparire mai, che non cercasse mai una prima pagina. Era proprio la sua indole. Con il carattere di Mariella (la moglie, n.d.r.) e il talento di Gaetano sarebbe venuto fuori un secondo Platini.
Attraverso la vita di Scirea, per metafora, si parla del Paese, dei suoi cambiamenti, dell'importanza della memoria. E chiunque abbia nostalgia, come me, di suo padre, anche se non era una campione di calcio, può rintracciarlo in quelle pagine. Perchè Cercando Scirea molte cose nascoste, anche di sè stessi possono essere riscoperte.


2) Credi che il calcio, ai tempi di Scirea, fosse diverso da quello attuale? Mi sto riferendo ai recenti scandali sulle partite truccate.


Non era poi così diverso, e ce lo dice Carlo Petrini nei suoi libri. Gli scandali però erano percepiti come un'eccezione, e non macchiavano un intero campionato. Ecco, da questo punto di vista, era un'altra epoca, perchè chi sbagliava aveva di fronte tifosi e addetti ai lavori che avevano principi più chiari, più puliti.


3) Di chi è la colpa? E che cosa si può fare per fermare il fenomeno?


La colpa è del denaro, e della debolezza e dell'ipocrisia degli esseri umani. Vale per il calcio, ma potrebbe valere per la politica, per la fede, per l'economia. Bisogna tornare alle radici, all'essenzialità. Personalmente penso sia una vergogna che aziende che si occupano di scommesse sponsorizzino il Campionato.


4) Come giudichi le affermazioni di Buffon sia sui pareggi indolori che contro la stampa? Come capitano ha qualche dovere in più?

Buffon è uno dei più grandi campioni di tutti i tempi, e forse anche per qusto dovrebbe riflettere su quello che dice, sull'effetto che ha. E' un portiere, ma non può parare ogni cosa considerandolo un attacco personale. Se la magistratura lo riterrà chiarirà la sua posizione. Io credo che però un Campione non dovrebbe avere comportamenti così leggeri e usare certe affermazioni. Dovrebbe ricordare che chi difende la porta della Nazionale è il campione di tutti e deve dare l'esempio. Ma forse queste mie affermazioni sono del tutto fuori tempo.

5) Due proposte forti: quella di Monti di sospendere il campionato per 2 anni, quella di Prandelli di non presenziare agli Europei. Che ne pensi?

Quella di Monti era una provocazione, per dire che siamo di fronte a un verminaio e l'idea di risolvere tutto al ritmo del "presto e bene" è sbagliata. Prandelli credo che abbia voluto allentare la tensione ed essere rassicurato dalle istituzioni. Motivi per non presenziare agli Europei ce ne sarebbero: in primis le sevizie in carcere alla Timoshenko e l'aberrante sterminio dei cani randagi per ripulire le strade di Euro 2012. Cose che infatti non mi faranno vedere gli Europei. Credo che Prandelli tenga molto a questa competizione e stia comunque facendo del suo meglio in un momento particolarmente difficile per il calcio e la società italiani.

6) Altro fenomeno inquietante: il comportamento delle tifoserie. Non lo si riesce ad arginare perché qualcuno ha interesse a non farlo?

Il tifo è molto cambiato, negli anni. Io penso che le società abbiano poca indipendenza rispetto al tifo. Che in certi casi diviene vero e propio ricatto, o intimazione. In fondo anche la tessera del tifoso e i tornelli non hanno certo risolto il problema. Dunque, più che reprimere bisogna affrontare il problema partendo dalle nuove generazioni, dalla scuola, insegnando il valore del calcio pulito, la necessità delle regole, il senso della sconfitta. Chi impara a perdere ha imparato tutto, del tifo.

7) Sei impegnato attivamente in politica. Perché il M5S?

Il mio è un impegno da simpatizzante.Sì, mi sono candidato alle regionali in Campania, prendendo 42 voti e ricavandone una bella esperienza umana.  I miei amici di Napoli, loro sì stanno cambiando il quotidiano della città. Io cerco di seguire, in modo critico, spesso, le dinamiche del Movimento, e di confrontare la mia opinione. Credo in una rivoluzione delle coscienze e delle culture. Se potessi, inonderei di libri gli italiani. 

8)  Quindi non ti riconosci nell'etichetta di "grillino". Delle critiche a Grillo che pensi?

Non è un'etichetta esistente. Diciamo che è usata per comodità giornalistica. Sulle critiche a Beppe Grillo penso che sono utili prima di tutto a lui, per arginarne l'esuberanza, che a volte è eccessiva, e a noi del Movimento, per capire che dobbiamo rimanere teste pensanti e cittadini liberi, sempre. 

9) Forse non è esistente, ma ammetterai che i seguaci di Grillo raramente accettano critiche sull'operato del loro guru. Questo non ti fa paura?

Per fortuna non è così. Io non credo ai guru. Credo all'onestà, di chiunque possa e voglia far qualcosa per una comunità, per piccola che sia. Questo significa esporsi a critiche, confrontarsi, collaborare e anche affrontarsi. Beppe Grillo lo conosco, ma non così nel profondo da sapere cosa ha davvero in animo. So che se voleva arricchirsi e sfruttare la gente, ha di certo scelto la via più difficile.   Io credo che a lui per primo non stia bene questa società corrotta. Però mantengo sempre vigile il senso del dubbio. Perchè nessuno può porsi al di sopra degli altri.  Mi fa paura la falsità. Le parolacce mi danno fastidio ma non mi fanno paura, temo di più l'ipocrisia e la violenza, in politica. Per fortuna non tutti i sostenitori sono aggressivi.Ci può anche stare che qualche sostenitore del Movimento si arrabbi per le critiche a Beppe Grillo, ma vale per qualsiasi tipo di militanza: tu prova a dire a quelli di SEL che Vendola è pro inceneritori, chiunque tende a difendere un progetto politico se ci si riconosce.  

10) Dopo esserti occupato di Scirea, stai lavorando a qualche altro romanzo?

Ho scritto un romanzo: "Il gigante al tramonto". E' la mia storia, e quella di mio padre, distorte, imbrogliate,e sconvolte e persino addolcite dal cancro. Un libro che non credo pubblicherà mai nessuno. Perchè c'è dentro una vita uguale a tante, troppe altre.




sabato 2 giugno 2012

Lo stalking e la scrittura. Intervista a Nicky Persico.

La storia di Nicky Persico è singolare, come lo è lui, del resto. Avvocato pugliese battagliero su più fronti, tutti di grande impegno civile, è uno dei primi ad occuparsi di stalking su FB (poi proseguendo nella vita reale con l'assistenza alle vittime e la presenza a congressi e convegni sul tema), attraverso un gruppo di auto-aiuto. In qualche modo ciò gli cambia la vita e ne è testimonianza il libro che scrive, "Spaghetti Paradiso", un giallo ambientato in Puglia, scritto con quel tocco umoristico, proprio di Nicky, che non toglie suspence e gravità al racconto. Lo scritto viene notato per le sue qualità indubbie e i diritti acquistati da Baldini Castoldi Dalai che lo ristamperà e lo pubblicherà a breve. Conosco Nicky da anni, ma, per quanto possa essere legata a lui, il mio giudizio sul romanzo è onesto ed obiettivo: toccante, scritto bene, importantissimo per la tematica che affronta. Ed è proprio dallo stalking che parto, in questa chiacchierata, perché la tragedia che si sta consumando in Italia, e che ha il nome di femminicidio, non può lasciarci indifferenti; ma anche e soprattutto perché si conosca meglio che cos'è lo stalking, giacché molte vittime non sono consapevoli di essere tali. Un grazie a Nicky per la sua disponibilità con la certezza (non l'augurio) che il suo libro sarà un successo.


1) "Spaghetti Paradiso" presenta il tema dello stalking: come nasce il tuo interesse per questo problema?

Nasce dalle esperienze dirette che ho fatto durante la mia professione. Per una serie di circostanze, ho iniziato ad avere a che fare in modo ricorrente con questo fenomeno molti anni fa, quando la parola “stalking” era sconosciuta. Molte storie di donne che mi sono ritrovato a difendere si somigliavano, avevano tratti comuni e ricorrenti. Ho così iniziato a chiedermi se fosse solo una coincidenza, o se ci fosse qualcosa di più, dietro. In pratica, è come se avessi fatto lo stesso percorso di una vittima, con tutti i sintomi del caso: sottovalutazione, minimizzazione, convinzione che fosse questione relativa al singolo caso, inconsapevolezza, strumentalizzazione, ed anche manipolazione. Se non conosci il contesto, sei disorientato, e lo stalker ne approfitta a piene mani. Poi ho iniziato a studiare il fenomeno cercando dei riscontri, e ho capito che si trattava di qualcosa di diverso, molto spesso sistematico e pianificato. Con gli anni, poi, è aumentata la consapevolezza, gli strumenti, le possibilità di approvvigionamento di informazioni da parte di esperti nel campo della psichiatria e della psicologia, e quelle di investigazione. Ho avuto maggiori possibilità di imparare, insomma, e ho cercato di farlo al meglio che ho potuto. Ma ho sempre la sensazione di avere ancora tanta strada da fare.

2) E' allarme "femminicidio" in Italia: secondo te perché proprio nel nostro Paese è così preponderante l'uccisione di donne da parte di uomini?

E' un dato cui è difficile trovare una risposta logica. Ci sono Paesi dove la violenza cosiddetta 'di genere' è molto più diffusa, e anche tollerata. Basti pensare, per esempio, alle donne sfigurate dall'acido. La risposta più istintiva che può venire in mente, quindi, è quella che ricollega i dati alla condizione femminile. Ma sinceramente è anche la più sconcertante, e mi piacerebbe tanto rifiutarla. Tuttavia, è innegabile, la condizione femminile in Italia ha visto progressi significativi solo negli ultimi anni, come ad esempio il riconoscimento dei reati sessuali come reati contro la persona, anziché contro la morale. Esiste certamente un modello culturale che, pur essendo in via di eradicazione, è ancora presente. E penso che talvolta venga usato da parte di soggetti senza scrupoli come supporto per crearsi, almeno parzialmente, un alibi da spacciare all'esterno come giustificazione dei propri comportamenti.


3) Che cosa è esattamente lo stalking? Chi ne è vittima ne è sempre consapevole?

Lo stalking è un universo infernale e - mi riferisco ovviamente non a tutti, ma alla stragrande maggioranza dei casi - fatto di manipolazione, viltà, crudeltà, invidia, parassitismo, squallore e idiozia. Manca del tutto, a mio modesto avviso, la non consapevolezza: si tratta di soggetti che compiono le loro azioni in totale padronanza. Piccole persone, capaci solo di accanirsi su qualcuno che è in difficoltà - anche precostituita ad arte con un lunghissimo lavoro preparatorio - e quindi messe scarsamente in grado di difendersi. Quando poi la vittima cerca di sottrarsi, questi soggetti scatenano la loro furia infantile e cieca. Insomma, sono soggetti dannosi per la società, e la società ha il dovere di tutelarsi. Sono come dei buchi neri: intorno a loro generano infelicità attraverso chiunque entra con loro in contatto. E come se non bastasse, sono pure un costo sociale elevatissimo. Cito da una relazione del Parlamento Europeo del 2011: "...secondo gli studi disponibili sui paesi membri del Consiglio d'Europa, si stima che il costo annuale della violenza contro le donne si aggiri intorno ai 33 miliardi di euro". A occhio, per l'Italia credo siano circa 4 miliardi: praticamente una manovra finanziaria. Questa cosa mi torna in mente ogni volta che faccio benzina. Credo ce ne sia abbastanza per fare il possibile e contrastare il fenomeno. Per il bene di tutti. Per quanto concerne il secondo profilo, la vittima non è sempre consapevole di esserlo, perlomeno fino ad un certo punto. Nello stalking caratterizzato da manipolazione, ad esempio, quasi sempre la vittima è convinta di essere addirittura la causa di quello che le accade. Prima di prendere coscienza si colpevolizza, giustifica paradossalmente l'aggressore, e questo la rende addirittura poco credibile. E' un gioco perverso, nel senso che inverte le situazioni, ed è creato ad arte. Il vero inizio del percorso di reazione, quindi, si realizza a mio avviso nel momento in cui la vittima inizia a capire che le cose non stanno così. A quel punto entrano in gioco gli altri presìdi che il manipolatore ha messo in atto, che siano paura, ricatto, o altro (che si traducono anche in poca credibilità, e poca capacità di spiegare tutto questo all'esterno). Il manipolatore, allora, scatenerà altre iniziative, come la diffamazione tesa a dipingere un quadro diverso, in cui la vittima verrà descritta, ad esempio, come una poco di buono, oppure una squilibrata. Tutto, pur di negare all'esterno la vera natura prevaricatrice e violenta dello stalker nei confronti della donna contro la quale si è scatenato. 
Frequentissimi sono, anche, i casi di “doppia vita” dello stalker, che si dipinge magari come incredulo oggetto della vendetta di una relazione amorosa finita male, molto spesso del tutto inesistente, e rivelerà poi, invece, comportamenti seriali pregressi, e talvolta deviazioni sessuali, non infrequentemente la pedofilia. Iniziano quindi, per la vittima che vuole reagire, una serie di ostacoli da superare. Tutto questo alla vittima, come dicevo poc'anzi, sembra un inferno, e invece è solo un polverone, una cortina di fumo, oltre i quali c'è solo un piccolo essere molto cattivo e mediocremente intelligente, che crede - solo lui - di essere un dio in terra. Ma è solo una sua convinzione. Quando la vittima comprende questo, il polverone si dirada come per magia, ed è a quel punto che lo stalker può diventare, però, pericoloso. Questa è, a mio parere, la fase in cui la vittima deve porsi fisicamente in sicurezza. Naturalmente ho descritto una situazione-tipo, mentre ogni caso ha delle proprie peculiarità che vanno di volta in volta considerate. Il mio consiglio è di rivolgersi sempre a professionisti, chiedere aiuto, parlarne. La solitudine, purtroppo, può costare molto cara. Certo, serve molta forza, per fare questo, ma le vittime sono quasi sempre persone straordinarie, e dentro di sé potranno trovarla senz'altro, se in cambio si stanno riprendendo la propria vita. E si renderanno conto, poi, che hanno fatto bene a reagire, che spesso l'uscita è più semplice di quanto sembrava, e che alla fine il diavolo non è mai così brutto come lo si dipinge. Loro sono belle persone, gli stalker no: questo non devono mai dimenticarlo, ed è una realtà che nessuna manipolazione potrà mai cambiare.

4) Nella pratica, che cosa dovrebbe fare una vittima di stalking per proteggersi? 

Informarsi è la prima arma: consapevolezza e autostima viaggiano di pari passo. Decifrare il proprio stalker consente inoltre di porsi in sicurezza nelle fasi cruente che dovessero manifestarsi.

5) Sei un avvocato impegnato su più fronti: quali sono le cause che t'interessano di più? 

Non ho delle preferenze, e del resto il percorso professionale di ognuno è sempre dettato, anche molto, dal caso. Ci sono stati eventi lavorativi, però, che mi hanno inevitabilmente coinvolto per la loro intensità riflessa, come quello dell'ATR 72 precipitato a Palermo nel 2005, o quello del peschereccio di Molfetta affondato nel 1994. Il dato più importante che ne traggo, è la forza della solidarietà. I familiari delle vittime si sono aiutati e si aiutano tra di loro, anche concretamente. Mi riferisco, ad esempio, al supporto fornito dalla Fondazione 8 ottobre di Milano, creatasi a seguito dell'incidente del 2011 dove ci furono 118 vittime, al comitato dei familiari dell'ATR, i cui passeggeri – di cui 16 hanno perso la vita – erano quasi tutti di Bari e provincia. I familiari del disastro di Milano Linate hanno suggerito e incoraggiato la costituzione del comitato di Bari e si sono anche poi costituiti parte civile al processo di Palermo. In seguito, i familiari di Bari hanno a loro volta aiutato quelli del peschereccio, ed è anche grazie a loro che sono stati reperiti i consulenti che oggi affiancano una parte dei difensori. Ci sono stati anche, ad esempio, giornalisti che hanno svolto e svolgono il loro lavoro rendendolo un supporto prezioso, e tante altre situazioni simili. Insomma, una straordinaria catena di persone. Persone umili, coraggiose, ostinate, generose: un vero patrimonio sociale. Non posso citarle tutte, ovviamente, ma loro sanno bene che è proprio a loro, che mi riferisco, e sono proprio loro, che ancora una volta voglio pubblicamente ringraziare.

6) "Spaghetti Paradiso" ti ha 'consacrato' scrittore: come lo sei diventato ed hai intenzione di continuare sulla strada della narrativa?


Lo sono davvero diventato? Non saprei, sinceramente, ma se lo fossi, è stato grazie ad un piccolo racconto, e ad una generosa persona che si chiama Lara Cardella, che lo ha letto e mi ha incoraggiato a pubblicarlo. Poi ci sono state altre persone, che lo hanno letto e ne hanno parlato, e poi altre ancora che mi hanno portato in un posto incantato: il festival “Il libro Possibile”, a Polignano a mare. A proposito: quest'anno si ripete, dall' 11 al 14 luglio. Veniteci, se potete, è un evento irripetibile. Poi mi è accaduto di scrivere un romanzo, per raccontare lo stalking come io lo conosco, rendendolo però 'leggero' il più possibile, al fine di poterne fare anche uno strumento di sensibilizzazione. Ecco, mi ci sono impegnato così tanto che alla fine è piaciuto come romanzo in sé. Poi, dopo l'esordio con una piccola e coraggiosa casa editrice locale, è stato notato in altri contesti, ed è approdato ad una casa di primario rilievo nazionale, Baldini Castoldi Dalai, che ci ha creduto. In tutto questo c'è stato il ruolo fondamentale di un agente, Simone Morandi, che ha messo molta creatività nel suo capace operato, e Alessandro Dalai in carne ed ossa, che una sera, a Milano, nel suo ufficio mi ha detto che il libro era ok. Inutile essere ipocriti: credo di essermi sollevato dalla sedia di una ventina di centimetri, mentre pronunciava quelle parole: il primo caso nella storia di levitazione editoriale, penso. Poi hanno dovuto tirarmi giù di peso per evitare danni alla plafoniera del soffitto. Non lo dimenticherò mai. Sono ancora frastornato, da tutto questo. Comunque, voglio specificare che io non ho scelto di fare lo scrittore: è stato lo scrittore che ha scelto di fare me. Ora scrivo sempre, di continuo, di tutto e su qualsiasi superficie. Se non mi calmo prima o poi mi arresteranno.

7) Com'è cambiata, se è cambiata, la tua vita dopo questo libro? 


Non lo so ancora, ma io mi sento sempre quello di prima. Anzi. Se possibile sono aumentate le mie insicurezze, le mie paure, e di pari passo, però, il mio entusiasmo per lo scrivere e per il mondo dei libri in generale. Sono stato al Salone del libro di Torino: quattro giorni con gli occhi sgranati e il gelato sciolto in mano. Un bimbo. 

8) Sei un esordiente che approda ad una grande casa editrice: possiamo finalmente dare un messaggio di speranza nella meritocrazia ai giovani?

Io, ovviamente, dal mio punto di vista credo proprio di si. Non conosco ancora bene il mondo editoriale, e intendo non al punto, almeno, da esprimere dei pareri attendibili. Certo è che il problema maggiore, ritengo, sia quello di far giungere la propria opera a chi può davvero decidere. Ma è un ostacolo logistico oggettivo, dovuto alla immensa produzione letteraria. Insistere, però, può portare a risultati. Non bisogna arrendersi alle prime difficoltà. Questo credo sia l'unico consiglio sensato che io possa dispensare.

9) Quali sono le tue letture?

Sono il classico lettore onnivoro, perché in ogni libro c'è qualcosa che vale sempre la pena di essere letto: c'è l'anima delle persone, indipendentemente da come è stato scritto. Prediligo, comunque, i libri che fanno ridere, e quelli che fanno pensare. L'ultimo che ho letto è stato “Adolfo Kaminsky: una vita da falsario”. Una esistenza intera dedicata a salvare la vita di persone sconosciute a rischio della propria, una figlia che scopre tutto da adulta e scrive un libro sul padre, una storia vera: struggente. Se potessi, lo farei leggere a tutti i ragazzi del mondo. E anche a tutti gli adulti del mondo, e anche a tutti gli abitanti del mondo: ma solo a loro, però.

10) Quanto di autobiografico c'è in "Spaghetti Paradiso"?

Purtroppo nulla, perché Alessandro Flachi – il protagonista - è forse la persona che avrei voluto essere. Tutti quelli che hanno detto che a leggere il libro sembra di vedere me, si sbagliano di grosso, anche se mi conoscono bene e da tanto tempo. E' una allucinazione collettiva sicuramente. Ripeto, non c'è nulla di me, in quel libro. Lo negherò in qualsiasi sede. Piuttosto, ci sono molte persone che conosco. Amici come il mio amico Nino Ghiro, avvocato penalista, oppure Luca Squicciarini. E' un libro 'altrobiografico', diciamo.

11) Possiamo almeno spiegare il titolo che è decisamente caratteristico?

Non so se resterà tale, quando il libro uscirà. Comunque si ispira ad una ricetta, i cui ingredienti principali sono due persone che si fondono in tutti i sensi, a fiamma allegra. E' una ricetta che racconta una situazione da sogno che chiunque può vivere, se ci fa caso, e nella quale gli spaghetti ci sono davvero, e c'è anche il paradiso. Quel paradiso in terra che è l'Amore, quello con la “M” maiuscola. Quello fatto di comprensione, di anime che si toccano, di corpi che si sfiorano, di labbra che si accarezzano, di occhi che scintillano, di gioia che ti fa volare via, dovunque tu sia. Quello di cui non parlo mai, e che ho voluto raccontare così. Perché ce n'è tanto, intorno a noi, e a volte non lo sappiamo più riconoscere. Per riuscirci, si può provare con la mia ricetta: mi hanno riferito che funziona...