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lunedì 22 luglio 2013

Una femminista alla corte di Schicchi- Intervista a Debora Attanasio

A leggere "Non dite alla mamma che faccio la segretaria" sono almeno due le domande che immediatamente ci si pone: 1) ma Debora non è da sempre impegnata nella difesa dei diritti delle donne e contraria alla mercificazione femminile? 2) un libro che parla di Schicchi a ridosso della sua morte non puzza di speculazione? Le risposte potete leggerle nell'intervista che segue, intelligenti e foriere di seguente dibattito come qualsiasi affermazione di una persona che, oltre alla suddetta intelligenza, è indubbiamente indipendente da ogni pregiudizio, colta, ironica, sensibile, spiazzante, contraria ad ogni moralismo. Il libro è godibilissimo, il classico racconto che non riesci a lasciare e che ti fa trascorrere la notte in bianco per finirlo, ma attenzione a non considerarlo una piacevole lettura diversiva da alternare al settimanale di gossip. E' vero, Debora racconta aneddoti sul mondo della pornografia, lo fa con tocco leggero e divertente, ma le sue parole sono tutt'altro che superficiali, il suo sguardo tutt'altro che cronacistico e questo risponde alle due domande di cui sopra. Lo Schicchi ritratto da Debora non intende essere la figura su cui spettegolare ora che non può più dire la sua: è un uomo a tutto tondo a cui l'autrice è legata in un modo che forse non le è del tutto consapevole. Mai Debora lo chiama per nome, pur avendo un rapporto con lui molto particolare e, per certi versi, se non intimo privilegiato; lui rimane il "signor Schicchi", una forma di rispetto che non viene meno di certo né con la lontananza né con la morte. Un uomo che rimane impresso nel nostro immaginario per la sua sensibilità, la sua ingenuità, il suo candore, la sua onestà, se lo si guarda dalla prospettiva di Debora che, per forza di cose, non può essere (né, credo, voglia essere) oggettiva. Non c'è morbosità nel libro, non emerge alcuno scoop, non si indulge al clamoroso né allo spettacolare nonostante vengano raccontate le vite di personaggi al centro della curiosità di media e pubblico, da Ilona Staller a Moana Pozzi. Perché Debora ha di fondo e sempre quell'onestà che le impedisce di scegliere le vie più facili, abituata com'è a cercare la sua indipendenza fin da subito. Questo è il particolare che fa da leit-motiv alla storia: la vita di una ragazzina che deve pagare un mutuo e che, per questo, per avere una casa e la sua indipendenza, mette tutta sé stessa nella ricerca di un lavoro, affrontando orgogliosa disagi, possibili catastrofi, pericoli. Senza mai rinunciare ai suoi sogni di giovanissima donna pura, che si barcamena fra personaggi che  si masturbano sotto i suoi occhi sapendo di poter contare solo su sé stessa. Con la capacità, poi, di commuoversi e commuovere con un pudore da altri tempi.

D: L'immagine che si ha di te in tutto il libro è di una persona che non si lascia scandalizzare facilmente: corrisponde alla realtà o è il velo del tempo che ti ha resa più disincantata?

R: La storia di "Non dite alla mamma" è raccontata a due voci: una me stessa dal passato, e l'altra in un finto presente, che in realtà è ugualmente molto lontano. Volevo rendere l'idea di come vedevo le cose attraverso l'ingenuità di allora. Con questo non intendo dire che oggi il mio atteggiamento sia cambiato. Sono più disincantata, ma continuo a difendere quell'ambiente per motivi diversi. Ci tengo a far notare che le donne guadagnavano il triplo degli uomini e che facevano sesso con bei ragazzi, invece che con il capufficio trippone che minaccia di farti licenziare. E Riccardo Schicchi non si è mai permesso di chiedere a un'aspirante pornostar, né a me, di non fare figli negli anni a seguire.

D:  Ad un certo punto del racconto c'è un paragone fra pornostar e prostitute che Schicchi non sopporta. Quali credi siano le differenze?
R: Esattamente quelle che ribadiva lui. Le pornostar non sono schiave di papponi, non rischiano di essere accoltellate da un cliente, girano solo tre, quattro film l'anno - a parte casi particolari di stacanoviste che decidono di fare il gruzzolo rapidamente - e una volta messo il perizoma in lavatrice, fanno sesso con chi gli pare. Ma soprattutto, le povere prostitute non vengono applaudite da nessuno, né invitate ai programmi televisivi.

D: La ricostruzione di alcuni personaggi, visti dall'interno, è quasi commovente: Cicciolina amorevole madre, Moana sensibile e quasi fiabesca. Era il tuo sguardo a vederle così o facevano davvero parte di un mondo che oggi non c'è più?
R: Le pornostar recitano. Nessuna di loro è una ninfomane, anche se qualcuna (non tutte) ha un sano e buon rapporto col sesso. La leggenda si alimenta per far contenti gli ammiratori. Poi, nella realtà, sono donne normalissime, con i loro pregi e i loro difetti, con le loro virtù e i loro vizi. Schicchi sarebbe molto arrabbiato nel leggere queste parole, non voleva che si gettasse la maschera, ma questa è la verità, e ora che tutto è finito - perché è finito - nessuno ci rimette più. Ilona ha speso centinaia di migliaia di lire per pagare gli avvocati, quando lottava per la custodia del figlio, che chiamava con tenerissimi vezzeggiativi in ungherese. Moana era regale, distaccata, poi improvvisamente infantile, ma serissima fuori dal set. Sussultava se qualche vigliacco la apostrofa malamente da lontano. Ed Eva Henger in privato, era - ed è - quanto di più lontano si possa immaginare da una mangiauomini. Colleziona orsacchiotti di peluche.

D: Eri una ragazzina ai tempi del tuo lavoro e molte cose le descrivi come normali: quanto ha contato il modo di pensare di Schicchi in questa tua visione della sessualità?
R: Non so che tipo di atteggiamento avrei avuto nei confronti della sessualità, senza questa esperienza. Ma credo che non sarebbe stato molto diverso. Non sono mai stata giudicante, altrimenti non avrei lavorato lì dentro con tranquillità. Sono cresciuta in una famiglia senza dogmi, poco cattolica, dove le enciclopedie mediche e giornali come Panorama o Cosmopolitan giravano liberamente. I divieti venivano distillati quel tanto che bastava per far sì che io e mia sorella non ci cacciassimo nei guai. Alle elementari ho avuto una maestra alternativa, e alle medie professori illuminati. Su questa base caratteriale, Schicchi ha insegnato alla sua segretaria a guardare la luna, invece del dito che la indica. Lui notava quelle cose che sono sotto gli occhi di tutti, ma di cui nessuno si avvede per abitudine. Ora cerco di emularlo. 


D: Verso Schicchi hai un atteggiamento al limite della venerazione, gli perdoni piccole e grandi truffe, furberie da strapazzo: non c'è nulla in lui che ti ha causato rigetto? Perché?
R: Abbiamo fatto anche dei litigi furibondi, una volta ci siamo lanciati a vicenda - schivandoli - i rispettivi mazzi di chiavi delle auto. Ma dopo dieci minuti sembrava che non fosse accaduto nulla. In fondo era un bravo ragazzo, sensibile e tenero, che si fingeva peggiore per difesa. Doveva essere stato uno di quei ragazzi timidi che a scuola non riscuotono molto successo, e aveva ottenuto il suo riscatto circondandosi di belle donne. Nutriva una discutibile ammirazione per i Lucignoli che gli capitava di conoscere - salvo poi pentirsene amaramente - e a volte cercava di fare il cattivo ragazzo, combinando danni solo a se stesso. Insomma, un disastro. Credevo che avrebbe potuto insegnarmi a essere più scaltra, ma non è stato così. Ricordo che la mattina non vedevo l'ora di andare al lavoro perché la sua compagnia era uno spasso, alternava concetti intelligenti a battute da sbellicarsi. So solo che mi manca moltissimo.

D: Conoscendoti come donna impegnata nella lotta alla violenza sulle donne, confesso di essere rimasta stupita dal tuo approccio al mondo della pornografia: come concili queste due visioni della donna? Non trovi che siano antitetiche?
R: Non ho mai pensato che la pornografia mercificasse le donne più di altri settori, e mi sono sempre chiesta perché nessuno dica mai che le luci rosse mercificano il corpo di Rocco Siffredi. Viviamo in un paese, tanto per dirne una, dove la religione ufficiale vieta alle donne l'accesso ai vertici, quindi credo che a generare i problemi sia altro. La pornografia è relegata nella finzione, un uomo che pretende dalla sua compagna le performance di una pornostar è cretino quanto una teenager che si aspetta il fidanzatino immortale dopo aver visto Twilight. La pornografia dovrebbe rappresentare solo atti sessuali con l'obiettivo esplicito di suscitare eccitazione a scopo onanista. Se fosse tutto qui, e se alle pornostar venisse riconosciuto il merito, invece di chiamarle con una serie di epiteti che non vengono mai riservati agli attori maschi, tutto andrebbe bene. Il problema è l'esterno. Il sesso e i rapporti uomo-donna stanno deragliando sempre di più verso l'umiliazione femminile, e non è certo colpa dell'hard core, che caso mai rappresenta le tendenze della vita quotidiana. Schicchi non era un maschilista, aveva un'idea fiabesca del sesso, i produttori lo accusavano di fare "robetta da luna park" e gli chiedevano di dare di più, richieste alle quali a volte cedeva perché non sapeva imporsi. Poi, magari chiamavamo insieme il Telefono Rosa di nascosto, per denunciare una rivista che pubblicava la frase «Per le donne, dolore e piacere sono la stessa cosa», e un'altra volta ha cercato - inutilmente - di muovere delle obiezioni verso un produttore che aveva girato scene troppo spinte con due delle sue attrici. Schicchi era sinceramente convinto di poter fare una rivoluzione sessuale, ma ha finito per diventare il simbolo di coloro che voleva combattere. E questo lo aveva intristito molto.

D: Accenni a ragazzi che non hanno saputo starti accanto in quel periodo della tua vita: credi che sia perché la sessualità è vissuta con grandi tabù?
R: Il bello di questo lavoro stava soprattutto nell'avermi permesso di testare rapidamente l'intelligenza e la purezza delle persone. Allontanavo quelli che impostavano il rapporto dando per scontato che avessi qualcosa da farmi perdonare, ma anche quelli che non si sentivano obbligati ad essermi fedeli perché «tanto sei una dalla mentalità aperta, no?». In Italia la sessualità è vissuta con grande confusione e molti controsensi, ed è spesso sfruttata -anche politicamente - come un mezzo per promuovere tutt'altro. La libertà sessuale non consiste nel mostrare le tette in tv per vendere uno yogurt, se poi si protesta davanti a una donna che allatta in autobus. Serve una profonda rivoluzione dell'immaginario collettivo, che spero stia iniziando.


D:  Metti un punto fermo sulla controversa fine di Moana, mostrando molto rispetto per una donna contraddittoria in ogni sua apparizione: è lei la persona a cui sei rimasta più legata in quel mondo?
R: In realtà non sono stata affatto legata a Moana. Ho legato molto di più con Eva Henger. Moana era molto distaccata e non dava confidenza. Sono solo riuscita a sospettare fra le righe che le sue scelte fossero una ripicca verso qualcuno che l'aveva ferita profondamente. Provavo ammirazione per lei perché era bella, elegante e irraggiungibile e mi incuteva molta soggezione, cosa di cui sorrido ora che ho molti più anni di lei quando è scomparsa. Ma non immaginavo davvero che avrei sofferto così tanto per la sua morte. È stato devastante, l'ho percepita come un oltraggio alla vita. Quando l'attrice Letizia Letza l'ha rappresentata - meravigliosamente - in teatro, ho pianto molto.

D: Le tue "confidenze" aprono uno squarcio anche sul mondo politico: qualcuno si è infastidito per ciò che hai scritto?
R: Per adesso no, e non credo che qualcuno lo farà. Sarebbe come ammettere di essere uno di quei personaggi di cui faccio cenno senza il nome. Lì dentro ho visto passare di tutto, grandi scrittori, stilisti, direttori di testate e persino un'alta carica istituzionale. Nessuno era al funerale del loro vecchio amico, che elogiavano solo per farsi presentare le sue stelle.

D: Parlare di Schicchi ora, alla sua morte, non è un po' come tradirlo non avendo ricevuto il suo benestare?
R: Come dice anche Eva Henger, se da qualche parte Riccardo ha la possibilità di leggere questo libro, sta gongolando. Perché adorava che si parlasse di lui, era terrorizzato dall'idea di venire dimenticato da tutti e gli piaceva essere "normalizzato", come diceva sempre. L'anno scorso, durante una telefonata, gli avevo accennato a  una sorpresa di cui sarebbe andato fiero. Era molto orgoglioso del fatto che lavorassi a "Marie Claire" e in un programma televisivo aveva detto di aver prodotto molti talenti, compresa la sua ex segretaria. Non me l'aspettavo. Aveva intuito cosa stavo combinando, e con  un po' di sconforto - e falsa modestia - mi aveva detto di lasciar perdere perché della sua storia e di quella delle sue star non sarebbe importato a nessuno. Si sbagliava. Quando è arrivata la notizia della sua morte, il libro era già alla Sperling & Kupfer da tre mesi e gli editor mi hanno chiamata afflitti perché tagliando il manoscritto iniziale (erano 600 cartelle) si erano affezionati al protagonista. Proprio in questi giorni, facendo ordine in casa, ho trovato l'agenda 2012 con su scritto al 10 dicembre "andare a trovare Schicchi in ospedale". È morto il 9. Glielo avrei detto in quell'occasione, a cose fatte, ma il destino ha deciso diversamente.

D:Perché il mondo della pornografia non ha più dive come ai tempi di Schicchi? Com'è cambiata la sessualità?
R: Non è solo la sessualità a essere cambiata, ma il divismo, anche nel mainstream. L'audience si è frammentata e ognuno ha i suoi piccoli idoli circoscritti. Inoltre, Schicchi era ormai praticamente cieco da qualche anno, anche se non lo faceva sapere. Si muoveva negli ambienti come col radar, mi dicono che lo facesse anche Totò, negli ultimi anni. Ma non vedendoci più, Riccardo non poteva fotografare né creare nulla. E ora, nessuno sarà mai più in grado di capolavori di ironia surreale come quello di scoprire una giovanetta ungherese, accompagnarla  nelle luci rosse, e poi farla passare alla storia come la prima porno-deputata al mondo.

















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