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sabato 24 novembre 2012

Donne che amano mostri

Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne è a te donna, che mi rivolgo perché i mali si sconfiggono all'origine e la violenza, lasciata da sola senza la complicità, è sconfitta, come la mafia, come le guerre se il nemico è da solo. Tu, madre, sorella, moglie, compagna, guardalo quell'uomo che si nutre di odio, che vomita rancore, che cerca una vendetta a quella che, ti racconta, è stata un'ingiustizia subìta, una ferita che deve essere curata procurando dolore. E' tuo figlio, è tuo fratello, è tuo amico, ma non è così che dimostri di amarlo, assecondando la sua follia, non così. Non dargli ragione sempre, non alimentare il suo bisogno di rivalsa, non abbassare la testa, non unirti a lui gridando "Puttana, puttana" se lei l'ha lasciato. Non l'aiuti, non lenisci il suo dolore, stai solo creando un mostro. Che perseguiterà, instancabile, che arriverà alla violenza, all'assassinio mentre tu continui a dirgli che sì, ha ragione. Lo so, il tuo istinto è di proteggerlo, nessuna di noi vorrebbe mai ammettere che quell'uomo che ama, che magari ha nutrito fin da appena nato è capace di perseguitare, violentare, annientare, ammazzare, ma ogni uomo nasce da una donna e da lei impara il rispetto dovuto alle altre donne. Se lo ami davvero non assecondarlo, sii tu a preservarlo dalla sua follia, sii tu a non renderti complice di un crimine che non ha giustificazioni, nessuna e mai. E tu, moglie, compagna, fidanzata, smetti, per favore, di accettare di essere violentata fisicamente e psicologicamente, smetti di essere devastata da lui credendo che, in qualche modo, tu sei la causa di quella violenza, che tu potrai cambiarlo, che se ti maltratta è perché ti ama ma non sa esprimerlo, perché ha tanto sofferto, perché nessuno gli ha dato l'affetto che meritava, perché...Non ci sono perché: chi ti ama non ti fa male, chi ti ama ti vuole felice, chi ti ama ti vuole vedere sorridere. Scappa da un essere del genere, corri e vai a denunciarlo, perché, dopo di te, sarà la volta di un'altra: non permetterlo.Guardatelo il vostro figlio, fratello, amico, compagno, marito e dite no. Salvate lui, voi stesse e tutte le altre donne.

mercoledì 6 giugno 2012

Io, vittima di stalking.-Intervista a Eleonora Giovannini.


Eleonora è una poetessa, scrittrice, giornalista ed ultimamente volto noto della TV per la sua partecipazione in molti programmi (potrete trovarli su Google e ascoltare direttamente la sua voce). La forza di Eleonora è stata soprattutto quella di raccontare la sua esperienza di vittima di stalking; l'ha fatto in TV, in radio, in un libro, continua a farlo attraverso gruppi e pagine su FB (http://www.facebook.com/groups/93261822914/), per aiutare altre persone spaventate, umiliate, picchiate, maltrattate psicologicamente, devastate ad uscire da quell'incubo prima che sia troppo tardi. E', così, diventata punto di riferimento per molte altre vittime di stalking alle quali offre conforto, solidarietà e consigli pratici per aiutarle a non soffrire più. Eleonora è anche una persona dolcissima, umile e forte, donna in ogni sua manifestazione, bella fuori e dentro che vi invito a conoscere attraverso le sue stesse parole. A me hanno dato i brividi e, commossa, la ringrazio.

1) Sei stata vittima di stalking: come te ne sei resa conto?

La consapevolezza è in effetti il primo passo verso la libertà. Essere vittime di stalking non significa semplicemente subire maltrattamenti, ma ha a che fare con uno stato dell’io molto più profondo, con una forma di isolamento progressiva, come un’iniezione a piccole dosi che si traduce in invalidazione. Si smette non tanto di vivere, ma di esistere. Si perdono i riferimenti con la normalità, con la comunicazione, con le cose e con le persone. Quando si soffre di ansia e non si sa il perché, allora qualcosa non va. E’ da questa domanda che ho iniziato il mio percorso di coscienza. Non si sta mai male per caso.

2) Qual è la difficoltà principale per una vittima di stalking?

Una vittima di stalking ha paura anche della propria ombra, teme di aprirsi agli altri perché sente di non essere creduta e di essere giudicata. Lo stalker è un manipolatore abile e razionale, che si nutre delle nostre stesse insicurezze e che pianifica ogni sua azione a priori, strumentalizzando ogni situazione a proprio vantaggio, ma soprattutto screditando la sua preda agli occhi del mondo. Il mondo di cui parlo è rappresentato da coloro che fanno parte della vita della vittima, quindi la famiglia, gli amici. Quando un felino vuole uccidere la sua preda cerca di isolarla per poterla agguantare. Il comportamento dello stalker è simile a quello di un felino.

3) Hai denunciato. Sei stata aiutata dalle forze dell'Ordine?

Ho denunciato cinque volte il mio stalker, ma non sono stata assolutamente tutelata. Ho assistito ad una vera e propria omertà, accompagnata da un’ipocrisia sociale vergognosa. Ho incontrato qualche esponente delle forze dell’ordine in gamba e professionale, ma di altri non posso dire altrettanto. Il mio aguzzino è un maresciallo dei carabinieri, che ora, oltre a non essere mai stato nemmeno trasferito, vanta perfino dell’utilizzo di un alloggio di servizio, con tutti i confort che ne derivano. Al contrario, io, ho arrancato per diverso tempo nel disagio profondo e con una bambina a carico. Ho ricostruito la mia esistenza da zero, con il supporto di una psicologa e facendo appello alle mie risorse personali

4) Quali sono i consigli che senti di dare a chi è vittima di stalking?

Mai accettare la propria condizione, soprattutto mai inventare a se stessi una realtà alternativa inesistente, mai giustificare il proprio stalker. Bisogna affrontare lo stato di cose. Ce l’ho fatta io con un uomo armato, priva di mezzi economici, priva di un lavoro e perfino della patente. Ogni condizione grave è superabile. Vorrei ricordare che è la nostra paura che rende forte un carnefice. Smettere di avere paura vuol dire rendere lo stalker debole. Consiglio inoltre di tessere intorno a se stessi una tela relazionale. Chiedere sostegno ad amici, soprattutto affidarsi ad uno psicologo bravo e competente. Parlarne con un avvocato e denunciare. La denuncia, al di là dei suoi percorsi burocratici lenti, ufficializza la nostra condizione, la tira via dal silenzio e questo dato è molto importante. Non è vero che denunciare è un rischio per la propria incolumità. E’ vero che tacere regala spazio allo stalker.

5) Assistiamo a casi di stalking e femminicidi ormai quasi giornalmente: secondo te per quale ragione?

Io credo che le ragioni siano legate ai mutamenti storici, al percorso di autoaffermazione della donna. Una volta le donne subivano i soprusi culturalmente, oggi abbiamo di fronte una donna che sfugge al controllo ed al dominio maschile. La donna ha un ruolo sociale ben definito, che le conferisce non soltanto dei diritti, ma una propria identità giuridica e personale. Questo dato ribalta drasticamente la vecchia gerarchia sociale.

6) Che cosa non dovrebbe mai fare una vittima di stalking?

Una vittima di stalking deve giocare con le stesse carte che usa lo stalker. Non deve essere impulsiva, non deve “perdere la testa”, non deve spaventarsi, soprattutto non deve comunicare con il suo stalker, poiché non esiste comunicazione con chi controlla la vita degli altri, ma soltanto una spirale psicologica che tende ad indebolire ed annullare

7) Come hai fatto a superare la tua personale esperienza?

Mi sono amata. Ho voluto bene a tutte le mie molteplicità, alla Eleonora donna, madre, femmina e professionista.  L’autostima non è soltanto una bella parola scritta sul libri. E’ il contatto costante della nostra mente con la propria anima. Noi siamo importanti, fondamentali. Abbiamo potere personale, abbiamo un talento da esprimere ed una vita da meritare. Questo è l’obiettivo. Vincere non è semplicemente sopravvivere e salvarsi. Vincere significa pretendere di essere felici.

8 ) Aiuti altre donne: lo stalking ha molte facce e qual è quello più difficilie da riconoscere?

Si, molte donne mi scrivono e si identificano in me. E fanno bene. Io sono l’esempio vivente di una donna che ama se stessa e la propria vita. Lo stalker deve essere riconosciuto dalla vittima, ma anche dalle persone alle quali la vittima chiede aiuto. Alle vittime dico: chi vi ama non vi controlla. Non confondete la protezione con l’isolamento. Non esiste protezione in amore, ma valorizzazione dell’autonomia altrui. Alle persone che osservano dico: lo stalker è l’opposto di ciò che sembra. Diffidate dalle apparenze, da quei modi gentili e puliti attraverso i quali si mostra, ma fidatevi delle richieste di aiuto della vittima, che in apparenza sembra tanto squilibrata emotivamente. E’ soltanto indebolita, confusa e spaventata. Aiutatela, non abbiate paura di chi chiede aiuto.

9) Hai scritto un libro sulla tua esperienza, "Stop", e sei spesso in TV: ciò ti ha tutelata maggiormente o esposta ad altre critiche?

Il mio libro “Stop testimonianza di una vittima di stalking”, è servito a tante donne che lo hanno letto, perché nello stesso esorto al coraggio e dimostro che qualsiasi condizione di abuso è superabile. La scrittura per me è stata l’unica forma di identità. I miei diari, le mie poesie, erano anche allora una finestra sul mondo. Ed ora rappresentano per me una professione. Andare in tv mi è servito tantissimo, è stato come ricevere l’abbraccio di un universo, un modo per uscire dal buio più nascosto e rivelarmi alla luce. E’ stata anche una prova di forza, dove non sono mancati i giudizi, gli attacchi da parte di mitomani, di stalker, di gente affetta da invidia. Ho subito ritorsioni anche a scuola, veri e propri fenomeni di bullismo rivolti a mia figlia.

10) Quanto è cambiata la tua vita rispetto ai sogni che avevi da bambina? Che cosa sogni adesso? 

Io ho avuto una vita costellata da abbandoni. Sono cresciuta in collegio e sono stata adottata a sette anni. Lo stalker sceglie sempre la sua vittima e di solito preferisce circuire quelle già provate o più fragili. La mia vita non è cambiata, è proprio una seconda vita. Per un lungo periodo credo proprio di essere stata morta. Ora sono presente, esistente, guido la macchina e lavoro. Pubblico libri, scrivo per un giornale, collaboro con diversi artisti nel campo del teatro e dell’editoria. Soprattutto sono amata dagli altri, sono amata e cercata. E questo succede a chi ha imparato ad amare se stesso. Sogno di assistere ad una società forte, fatta di donne che sorridono. Molti mi dicono:”ma tu ce l’hai fatta perché hai studiato e sai parlare, sai scrivere”. Rispondo loro: No, io ce l’ho fatta perché ho amato me stessa. Un tempo ero balbuziente e non sapevo esprimermi in pubblico. Non è necessario aver studiato per vivere con gioia. Conta semplicemente credere in noi stessi, che non è una frase fatta dei cioccolatini perugina. E’ prendere atto che ognuno ha un proprio talento e delle risorse personali. Non identificatevi nella mia personalità, ma nelle azioni che vi ho elencato e che portano chiunque allo stesso traguardo.

sabato 2 giugno 2012

Lo stalking e la scrittura. Intervista a Nicky Persico.

La storia di Nicky Persico è singolare, come lo è lui, del resto. Avvocato pugliese battagliero su più fronti, tutti di grande impegno civile, è uno dei primi ad occuparsi di stalking su FB (poi proseguendo nella vita reale con l'assistenza alle vittime e la presenza a congressi e convegni sul tema), attraverso un gruppo di auto-aiuto. In qualche modo ciò gli cambia la vita e ne è testimonianza il libro che scrive, "Spaghetti Paradiso", un giallo ambientato in Puglia, scritto con quel tocco umoristico, proprio di Nicky, che non toglie suspence e gravità al racconto. Lo scritto viene notato per le sue qualità indubbie e i diritti acquistati da Baldini Castoldi Dalai che lo ristamperà e lo pubblicherà a breve. Conosco Nicky da anni, ma, per quanto possa essere legata a lui, il mio giudizio sul romanzo è onesto ed obiettivo: toccante, scritto bene, importantissimo per la tematica che affronta. Ed è proprio dallo stalking che parto, in questa chiacchierata, perché la tragedia che si sta consumando in Italia, e che ha il nome di femminicidio, non può lasciarci indifferenti; ma anche e soprattutto perché si conosca meglio che cos'è lo stalking, giacché molte vittime non sono consapevoli di essere tali. Un grazie a Nicky per la sua disponibilità con la certezza (non l'augurio) che il suo libro sarà un successo.


1) "Spaghetti Paradiso" presenta il tema dello stalking: come nasce il tuo interesse per questo problema?

Nasce dalle esperienze dirette che ho fatto durante la mia professione. Per una serie di circostanze, ho iniziato ad avere a che fare in modo ricorrente con questo fenomeno molti anni fa, quando la parola “stalking” era sconosciuta. Molte storie di donne che mi sono ritrovato a difendere si somigliavano, avevano tratti comuni e ricorrenti. Ho così iniziato a chiedermi se fosse solo una coincidenza, o se ci fosse qualcosa di più, dietro. In pratica, è come se avessi fatto lo stesso percorso di una vittima, con tutti i sintomi del caso: sottovalutazione, minimizzazione, convinzione che fosse questione relativa al singolo caso, inconsapevolezza, strumentalizzazione, ed anche manipolazione. Se non conosci il contesto, sei disorientato, e lo stalker ne approfitta a piene mani. Poi ho iniziato a studiare il fenomeno cercando dei riscontri, e ho capito che si trattava di qualcosa di diverso, molto spesso sistematico e pianificato. Con gli anni, poi, è aumentata la consapevolezza, gli strumenti, le possibilità di approvvigionamento di informazioni da parte di esperti nel campo della psichiatria e della psicologia, e quelle di investigazione. Ho avuto maggiori possibilità di imparare, insomma, e ho cercato di farlo al meglio che ho potuto. Ma ho sempre la sensazione di avere ancora tanta strada da fare.

2) E' allarme "femminicidio" in Italia: secondo te perché proprio nel nostro Paese è così preponderante l'uccisione di donne da parte di uomini?

E' un dato cui è difficile trovare una risposta logica. Ci sono Paesi dove la violenza cosiddetta 'di genere' è molto più diffusa, e anche tollerata. Basti pensare, per esempio, alle donne sfigurate dall'acido. La risposta più istintiva che può venire in mente, quindi, è quella che ricollega i dati alla condizione femminile. Ma sinceramente è anche la più sconcertante, e mi piacerebbe tanto rifiutarla. Tuttavia, è innegabile, la condizione femminile in Italia ha visto progressi significativi solo negli ultimi anni, come ad esempio il riconoscimento dei reati sessuali come reati contro la persona, anziché contro la morale. Esiste certamente un modello culturale che, pur essendo in via di eradicazione, è ancora presente. E penso che talvolta venga usato da parte di soggetti senza scrupoli come supporto per crearsi, almeno parzialmente, un alibi da spacciare all'esterno come giustificazione dei propri comportamenti.


3) Che cosa è esattamente lo stalking? Chi ne è vittima ne è sempre consapevole?

Lo stalking è un universo infernale e - mi riferisco ovviamente non a tutti, ma alla stragrande maggioranza dei casi - fatto di manipolazione, viltà, crudeltà, invidia, parassitismo, squallore e idiozia. Manca del tutto, a mio modesto avviso, la non consapevolezza: si tratta di soggetti che compiono le loro azioni in totale padronanza. Piccole persone, capaci solo di accanirsi su qualcuno che è in difficoltà - anche precostituita ad arte con un lunghissimo lavoro preparatorio - e quindi messe scarsamente in grado di difendersi. Quando poi la vittima cerca di sottrarsi, questi soggetti scatenano la loro furia infantile e cieca. Insomma, sono soggetti dannosi per la società, e la società ha il dovere di tutelarsi. Sono come dei buchi neri: intorno a loro generano infelicità attraverso chiunque entra con loro in contatto. E come se non bastasse, sono pure un costo sociale elevatissimo. Cito da una relazione del Parlamento Europeo del 2011: "...secondo gli studi disponibili sui paesi membri del Consiglio d'Europa, si stima che il costo annuale della violenza contro le donne si aggiri intorno ai 33 miliardi di euro". A occhio, per l'Italia credo siano circa 4 miliardi: praticamente una manovra finanziaria. Questa cosa mi torna in mente ogni volta che faccio benzina. Credo ce ne sia abbastanza per fare il possibile e contrastare il fenomeno. Per il bene di tutti. Per quanto concerne il secondo profilo, la vittima non è sempre consapevole di esserlo, perlomeno fino ad un certo punto. Nello stalking caratterizzato da manipolazione, ad esempio, quasi sempre la vittima è convinta di essere addirittura la causa di quello che le accade. Prima di prendere coscienza si colpevolizza, giustifica paradossalmente l'aggressore, e questo la rende addirittura poco credibile. E' un gioco perverso, nel senso che inverte le situazioni, ed è creato ad arte. Il vero inizio del percorso di reazione, quindi, si realizza a mio avviso nel momento in cui la vittima inizia a capire che le cose non stanno così. A quel punto entrano in gioco gli altri presìdi che il manipolatore ha messo in atto, che siano paura, ricatto, o altro (che si traducono anche in poca credibilità, e poca capacità di spiegare tutto questo all'esterno). Il manipolatore, allora, scatenerà altre iniziative, come la diffamazione tesa a dipingere un quadro diverso, in cui la vittima verrà descritta, ad esempio, come una poco di buono, oppure una squilibrata. Tutto, pur di negare all'esterno la vera natura prevaricatrice e violenta dello stalker nei confronti della donna contro la quale si è scatenato. 
Frequentissimi sono, anche, i casi di “doppia vita” dello stalker, che si dipinge magari come incredulo oggetto della vendetta di una relazione amorosa finita male, molto spesso del tutto inesistente, e rivelerà poi, invece, comportamenti seriali pregressi, e talvolta deviazioni sessuali, non infrequentemente la pedofilia. Iniziano quindi, per la vittima che vuole reagire, una serie di ostacoli da superare. Tutto questo alla vittima, come dicevo poc'anzi, sembra un inferno, e invece è solo un polverone, una cortina di fumo, oltre i quali c'è solo un piccolo essere molto cattivo e mediocremente intelligente, che crede - solo lui - di essere un dio in terra. Ma è solo una sua convinzione. Quando la vittima comprende questo, il polverone si dirada come per magia, ed è a quel punto che lo stalker può diventare, però, pericoloso. Questa è, a mio parere, la fase in cui la vittima deve porsi fisicamente in sicurezza. Naturalmente ho descritto una situazione-tipo, mentre ogni caso ha delle proprie peculiarità che vanno di volta in volta considerate. Il mio consiglio è di rivolgersi sempre a professionisti, chiedere aiuto, parlarne. La solitudine, purtroppo, può costare molto cara. Certo, serve molta forza, per fare questo, ma le vittime sono quasi sempre persone straordinarie, e dentro di sé potranno trovarla senz'altro, se in cambio si stanno riprendendo la propria vita. E si renderanno conto, poi, che hanno fatto bene a reagire, che spesso l'uscita è più semplice di quanto sembrava, e che alla fine il diavolo non è mai così brutto come lo si dipinge. Loro sono belle persone, gli stalker no: questo non devono mai dimenticarlo, ed è una realtà che nessuna manipolazione potrà mai cambiare.

4) Nella pratica, che cosa dovrebbe fare una vittima di stalking per proteggersi? 

Informarsi è la prima arma: consapevolezza e autostima viaggiano di pari passo. Decifrare il proprio stalker consente inoltre di porsi in sicurezza nelle fasi cruente che dovessero manifestarsi.

5) Sei un avvocato impegnato su più fronti: quali sono le cause che t'interessano di più? 

Non ho delle preferenze, e del resto il percorso professionale di ognuno è sempre dettato, anche molto, dal caso. Ci sono stati eventi lavorativi, però, che mi hanno inevitabilmente coinvolto per la loro intensità riflessa, come quello dell'ATR 72 precipitato a Palermo nel 2005, o quello del peschereccio di Molfetta affondato nel 1994. Il dato più importante che ne traggo, è la forza della solidarietà. I familiari delle vittime si sono aiutati e si aiutano tra di loro, anche concretamente. Mi riferisco, ad esempio, al supporto fornito dalla Fondazione 8 ottobre di Milano, creatasi a seguito dell'incidente del 2011 dove ci furono 118 vittime, al comitato dei familiari dell'ATR, i cui passeggeri – di cui 16 hanno perso la vita – erano quasi tutti di Bari e provincia. I familiari del disastro di Milano Linate hanno suggerito e incoraggiato la costituzione del comitato di Bari e si sono anche poi costituiti parte civile al processo di Palermo. In seguito, i familiari di Bari hanno a loro volta aiutato quelli del peschereccio, ed è anche grazie a loro che sono stati reperiti i consulenti che oggi affiancano una parte dei difensori. Ci sono stati anche, ad esempio, giornalisti che hanno svolto e svolgono il loro lavoro rendendolo un supporto prezioso, e tante altre situazioni simili. Insomma, una straordinaria catena di persone. Persone umili, coraggiose, ostinate, generose: un vero patrimonio sociale. Non posso citarle tutte, ovviamente, ma loro sanno bene che è proprio a loro, che mi riferisco, e sono proprio loro, che ancora una volta voglio pubblicamente ringraziare.

6) "Spaghetti Paradiso" ti ha 'consacrato' scrittore: come lo sei diventato ed hai intenzione di continuare sulla strada della narrativa?


Lo sono davvero diventato? Non saprei, sinceramente, ma se lo fossi, è stato grazie ad un piccolo racconto, e ad una generosa persona che si chiama Lara Cardella, che lo ha letto e mi ha incoraggiato a pubblicarlo. Poi ci sono state altre persone, che lo hanno letto e ne hanno parlato, e poi altre ancora che mi hanno portato in un posto incantato: il festival “Il libro Possibile”, a Polignano a mare. A proposito: quest'anno si ripete, dall' 11 al 14 luglio. Veniteci, se potete, è un evento irripetibile. Poi mi è accaduto di scrivere un romanzo, per raccontare lo stalking come io lo conosco, rendendolo però 'leggero' il più possibile, al fine di poterne fare anche uno strumento di sensibilizzazione. Ecco, mi ci sono impegnato così tanto che alla fine è piaciuto come romanzo in sé. Poi, dopo l'esordio con una piccola e coraggiosa casa editrice locale, è stato notato in altri contesti, ed è approdato ad una casa di primario rilievo nazionale, Baldini Castoldi Dalai, che ci ha creduto. In tutto questo c'è stato il ruolo fondamentale di un agente, Simone Morandi, che ha messo molta creatività nel suo capace operato, e Alessandro Dalai in carne ed ossa, che una sera, a Milano, nel suo ufficio mi ha detto che il libro era ok. Inutile essere ipocriti: credo di essermi sollevato dalla sedia di una ventina di centimetri, mentre pronunciava quelle parole: il primo caso nella storia di levitazione editoriale, penso. Poi hanno dovuto tirarmi giù di peso per evitare danni alla plafoniera del soffitto. Non lo dimenticherò mai. Sono ancora frastornato, da tutto questo. Comunque, voglio specificare che io non ho scelto di fare lo scrittore: è stato lo scrittore che ha scelto di fare me. Ora scrivo sempre, di continuo, di tutto e su qualsiasi superficie. Se non mi calmo prima o poi mi arresteranno.

7) Com'è cambiata, se è cambiata, la tua vita dopo questo libro? 


Non lo so ancora, ma io mi sento sempre quello di prima. Anzi. Se possibile sono aumentate le mie insicurezze, le mie paure, e di pari passo, però, il mio entusiasmo per lo scrivere e per il mondo dei libri in generale. Sono stato al Salone del libro di Torino: quattro giorni con gli occhi sgranati e il gelato sciolto in mano. Un bimbo. 

8) Sei un esordiente che approda ad una grande casa editrice: possiamo finalmente dare un messaggio di speranza nella meritocrazia ai giovani?

Io, ovviamente, dal mio punto di vista credo proprio di si. Non conosco ancora bene il mondo editoriale, e intendo non al punto, almeno, da esprimere dei pareri attendibili. Certo è che il problema maggiore, ritengo, sia quello di far giungere la propria opera a chi può davvero decidere. Ma è un ostacolo logistico oggettivo, dovuto alla immensa produzione letteraria. Insistere, però, può portare a risultati. Non bisogna arrendersi alle prime difficoltà. Questo credo sia l'unico consiglio sensato che io possa dispensare.

9) Quali sono le tue letture?

Sono il classico lettore onnivoro, perché in ogni libro c'è qualcosa che vale sempre la pena di essere letto: c'è l'anima delle persone, indipendentemente da come è stato scritto. Prediligo, comunque, i libri che fanno ridere, e quelli che fanno pensare. L'ultimo che ho letto è stato “Adolfo Kaminsky: una vita da falsario”. Una esistenza intera dedicata a salvare la vita di persone sconosciute a rischio della propria, una figlia che scopre tutto da adulta e scrive un libro sul padre, una storia vera: struggente. Se potessi, lo farei leggere a tutti i ragazzi del mondo. E anche a tutti gli adulti del mondo, e anche a tutti gli abitanti del mondo: ma solo a loro, però.

10) Quanto di autobiografico c'è in "Spaghetti Paradiso"?

Purtroppo nulla, perché Alessandro Flachi – il protagonista - è forse la persona che avrei voluto essere. Tutti quelli che hanno detto che a leggere il libro sembra di vedere me, si sbagliano di grosso, anche se mi conoscono bene e da tanto tempo. E' una allucinazione collettiva sicuramente. Ripeto, non c'è nulla di me, in quel libro. Lo negherò in qualsiasi sede. Piuttosto, ci sono molte persone che conosco. Amici come il mio amico Nino Ghiro, avvocato penalista, oppure Luca Squicciarini. E' un libro 'altrobiografico', diciamo.

11) Possiamo almeno spiegare il titolo che è decisamente caratteristico?

Non so se resterà tale, quando il libro uscirà. Comunque si ispira ad una ricetta, i cui ingredienti principali sono due persone che si fondono in tutti i sensi, a fiamma allegra. E' una ricetta che racconta una situazione da sogno che chiunque può vivere, se ci fa caso, e nella quale gli spaghetti ci sono davvero, e c'è anche il paradiso. Quel paradiso in terra che è l'Amore, quello con la “M” maiuscola. Quello fatto di comprensione, di anime che si toccano, di corpi che si sfiorano, di labbra che si accarezzano, di occhi che scintillano, di gioia che ti fa volare via, dovunque tu sia. Quello di cui non parlo mai, e che ho voluto raccontare così. Perché ce n'è tanto, intorno a noi, e a volte non lo sappiamo più riconoscere. Per riuscirci, si può provare con la mia ricetta: mi hanno riferito che funziona...