La storia della signoria Conte l'ho scritta qui e ripostata su FB.
A distanza di due giorni la signora m'informa che non è vera la notizia da me riportata che sarebbe stata condannata in primo grado per le sevizie subite dal bambino e da lei non impedite. Precisa che c'è uno scambio di persona e che il suo procedimento è ancora in corso. Quindi, la signora afferma di essere indagata ma mai condannata.
Fatto salvo che, anche se fosse stata giudicata colpevole in primo grado, non sarebbe cambiata in nulla la mia posizione, e l'ho chiaramente detto, giacché siamo tutti per la garanzia assoluta del cittadino fino al terzo grado di giudizio, non ho alcun motivo di dubitare delle sue parole. Se dice che non è lei, non ho motivo di dubitare delle sue parole.
Semplicemente perché lo dice lei. Mi basta, non deve provare nulla a nessuno.
Mi auguro che questo possa convincerla che non c'è nessun atto persecutorio nei suoi confronti, che la sua parola è per me sacra, che nessun interesse c'è a dire cose false.
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giovedì 14 ottobre 2010
martedì 12 ottobre 2010
Altra ingiustizia?-11000 fan che ignorano. Da FB. Seconda parte.
http://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=9727E' cronaca nera. La signora non è vero che è all'oscuro di tutto, è molto più banalmente indagata. Perché non risulterebbe vero che non avesse modo di denunciare, dato che la si vedeva uscire a pagare le bollette. Non solo: la madre, quando le viene chiesto il motivo delle ferite riscontrate sul corpo del bambino, risponde che i metodi educativi erano esagerati. Intanto scopriamo che non è stata lei a chiamare gli assistenti sociali dopo la citata rocambolesca fuga.
Sapeva ma non poteva denunciare? Può darsi, nessuno qui vuole sostituirsi alla Giustizia, ma perché tacere, ad esempio, di essere stata arrestata? Perché non dire semplicemente la verità?
La signora ha presentato una denuncia al Tribunale dei Minori, è messa lì, nella pagina. Il motivo? Le impediscono di vedere gli atti che la riguardano. Possibile? E perché mai dovrebbero? Forse perché c'è in corso un processo? Può essere? Se lo chiedete vi rispondono che la signora non è imputata di nulla. Già, è stata soltanto condannata, in effetti, nel frattempo.
http://www.lavocedimanduria.it/notizie-locali/sevizie-e-torture-sul-figlio-minore-condannata-la-mamma-di-sava-20100708.html
A due anni e otto mesi, per l'esattezza.
E' ovviamente solo il primo grado. Avrà modo di dimostrare la sua innocenza in seguito, ma perché semplicemente non dirlo?
Se leggete le torture inflitte al bambino, se avrete lo stomaco per arrivare fino in fondo penso che non potrete non chiedervi, come me, come Alessia, dove stia l'errore dei Giudici se hanno tolto il bambino da quell'inferno.
E a chi avrebbero mai dovuto affidarlo? Alla madre che, allo stato attuale, risulta colpevole? Che apre una pagina su FB mettendo foto e dati del bambino, violando la legge ma soprattutto mettendo a rischio la vita di suo figlio?
E a chi si è iscritto in quella pagina chiedo: potete, per cortesia, ma proprio per favore e per pietà, informarvi prima di fare quel maledetto clic? Perché è assurdo che più di 11000 persone non si accorgano che un bambino è messo in pericolo. Dobbiamo sempre aspettare che arrivi il mostro per renderci conto che bastava fare un po' di attenzione?
Io ho avuto la fortuna di incontrare Alessia ed insieme abbiamo cercato in tutti i modi di tutelare il piccolo, ma non lasciateli soli. Quando vedete la foto di un minore, drizzate le antenne, preoccupatevi, chiamate la polizia, segnalate, indagate. Non rimanete indifferenti e soprattutto non siate ignari complici.
Oggi 14/10/10: la signora Conte, come potrete leggere nei commenti postati sotto, afferma di non essere lei la persona di cui si parla nell'articolo postato. Che lei è sì indagata, ma non è mai stata condannata. Dice che si tratta di persone differenti.
Ribadendo che, anche se fosse stata condannata in primo grado, nulla sarebbe cambiato perché siamo tutti per l'assoluta garanzia del cittadino, riporto fedelmente la sua smentita proprio a dimostrazione che nessuno vuole giudicarla, che se lei afferma qualcosa la sua parola è per me sacra, senza che debba provare niente a nessuno.
Sapeva ma non poteva denunciare? Può darsi, nessuno qui vuole sostituirsi alla Giustizia, ma perché tacere, ad esempio, di essere stata arrestata? Perché non dire semplicemente la verità?
La signora ha presentato una denuncia al Tribunale dei Minori, è messa lì, nella pagina. Il motivo? Le impediscono di vedere gli atti che la riguardano. Possibile? E perché mai dovrebbero? Forse perché c'è in corso un processo? Può essere? Se lo chiedete vi rispondono che la signora non è imputata di nulla. Già, è stata soltanto condannata, in effetti, nel frattempo.
http://www.lavocedimanduria.it/notizie-locali/sevizie-e-torture-sul-figlio-minore-condannata-la-mamma-di-sava-20100708.html
A due anni e otto mesi, per l'esattezza.
E' ovviamente solo il primo grado. Avrà modo di dimostrare la sua innocenza in seguito, ma perché semplicemente non dirlo?
Se leggete le torture inflitte al bambino, se avrete lo stomaco per arrivare fino in fondo penso che non potrete non chiedervi, come me, come Alessia, dove stia l'errore dei Giudici se hanno tolto il bambino da quell'inferno.
E a chi avrebbero mai dovuto affidarlo? Alla madre che, allo stato attuale, risulta colpevole? Che apre una pagina su FB mettendo foto e dati del bambino, violando la legge ma soprattutto mettendo a rischio la vita di suo figlio?
E a chi si è iscritto in quella pagina chiedo: potete, per cortesia, ma proprio per favore e per pietà, informarvi prima di fare quel maledetto clic? Perché è assurdo che più di 11000 persone non si accorgano che un bambino è messo in pericolo. Dobbiamo sempre aspettare che arrivi il mostro per renderci conto che bastava fare un po' di attenzione?
Io ho avuto la fortuna di incontrare Alessia ed insieme abbiamo cercato in tutti i modi di tutelare il piccolo, ma non lasciateli soli. Quando vedete la foto di un minore, drizzate le antenne, preoccupatevi, chiamate la polizia, segnalate, indagate. Non rimanete indifferenti e soprattutto non siate ignari complici.
Oggi 14/10/10: la signora Conte, come potrete leggere nei commenti postati sotto, afferma di non essere lei la persona di cui si parla nell'articolo postato. Che lei è sì indagata, ma non è mai stata condannata. Dice che si tratta di persone differenti.
Ribadendo che, anche se fosse stata condannata in primo grado, nulla sarebbe cambiato perché siamo tutti per l'assoluta garanzia del cittadino, riporto fedelmente la sua smentita proprio a dimostrazione che nessuno vuole giudicarla, che se lei afferma qualcosa la sua parola è per me sacra, senza che debba provare niente a nessuno.
Altra ingiustizia?-11000 fan che ignorano. Da FB. Prima parte.
Qualche giorno fa mi contatta Alessia Pisiconi, una donna che cerca di portare il suo aiuto ai più deboli, qui su FB. Mi mostra un link: una madre disperata ha aperto una pagina in cui chiede le sia restituito il figlio sottratto ingiustamente dal Tribunale dei minori. Alessia ha qualche dubbio, ma i fan della pagina sono più di 11000: possibile che si sbaglino tutti? Leggo le info e la storia, nebulosa, sarebbe questa: la donna ha un figlio con un uomo, si lasciano, trova un nuovo compagno ma non è fortunata; quest'ultimo la segrega in casa e, minacciandola con coltello e pistola, le impedisce di denunciare le violenze cui sottopone la donna e il bimbo. Un giorno, però, riesce ad avvertire un'amica, parlando in Tedesco, arrivano i Carabinieri e salvano madre e figlio. A questo punto, i cattivissimi giudici, dopo aver riscontrato violenze sul bimbo, lo tolgono alla madre, non glielo fanno più vedere, lo affidano ad una nuova famiglia e non le fanno neanche visionare gli atti che riguardano la decisione adottata. Nella pagina si susseguono gli appelli di zii, nonna e nonno per rivedere il bimbo. Intanto la gente partecipa in massa e grida, indignata, che è uno scandalo. I documenti presenti sono 3, fra cui una denuncia per non aver potuto visionare gli atti.
In realtà, qualcuno prova a fare qualche domanda, viene zittito e tacciato di essere cattivo e in malafede. Si giura e rigiura che questa è la verità, la povera madre non sa più nulla del figlio, da lei, vittima, allontanato senza un perché.
La prima cosa che colpisce me ed Alessia è la più ovvia, a cui nessuno, però, lì sembra far caso: viene diffusa la foto del minore, con nome, cognome, dati anagrafici ed ogni possibile dettaglio affinché sia riconosciuto e portato dalla sua mamma. Il pensiero di mettere a repentaglio la sicurezza di questo bambino, che potrebbe essere preso da un pedofilo in qualsiasi momento, non sfiora nessuno. Naturalmente, siamo in presenza di un reato, ma di questi tempi che volete che sia?
L'importante è che la mamma riabbracci il bambino, no? Anche a costo dell'integrità di suo figlio? Ovvio che sì.
Mentre Alessia cerca di convincere la signora a togliere quella foto e a farsi spiegare che cos'è successo realmente, trovando ogni volta silenzio, una ricerca veloce veloce ci apre un nuovo scenario.
In realtà, qualcuno prova a fare qualche domanda, viene zittito e tacciato di essere cattivo e in malafede. Si giura e rigiura che questa è la verità, la povera madre non sa più nulla del figlio, da lei, vittima, allontanato senza un perché.
La prima cosa che colpisce me ed Alessia è la più ovvia, a cui nessuno, però, lì sembra far caso: viene diffusa la foto del minore, con nome, cognome, dati anagrafici ed ogni possibile dettaglio affinché sia riconosciuto e portato dalla sua mamma. Il pensiero di mettere a repentaglio la sicurezza di questo bambino, che potrebbe essere preso da un pedofilo in qualsiasi momento, non sfiora nessuno. Naturalmente, siamo in presenza di un reato, ma di questi tempi che volete che sia?
L'importante è che la mamma riabbracci il bambino, no? Anche a costo dell'integrità di suo figlio? Ovvio che sì.
Mentre Alessia cerca di convincere la signora a togliere quella foto e a farsi spiegare che cos'è successo realmente, trovando ogni volta silenzio, una ricerca veloce veloce ci apre un nuovo scenario.
lunedì 11 ottobre 2010
"Godetevi lo spettacolo".
Ci hanno detto che questa guerra era giusta, necessaria, veloce: si attaccava l'Iraq perché c'era la prova dei legami fra Saddam ed Osama Bin Laden, ed intanto si sarebbe portata un po' di democrazia fra quei barbari. Ci hanno detto che Al Qaeda si nascondeva ma non solo in Iraq pure in Afghanistan ed anche lì, già che c'eravamo, perché non portare un po' di civiltà? Ci hanno detto che la guerra era finita, no, stava per finire, ancora qualche mese e poi vedrete. Ci hanno detto che, noi Italiani andavamo lì a portare soccorsi e caramelle ai bambini. Ci hanno detto che era necessario restare lì per smantellare le basi, poi queste basi son spuntate in Spagna, in Francia, in Inghilterra ma nessuno mai ha pensato di bombardare queste Nazioni (ah, già, in Europa la democrazia già c'è, dimenticavo). Ci hanno detto che l'Iraq ora è libero e felice, senza più dittature e i bambini continuano a crepare in un Paese collassato. Ci hanno detto che nessun accordo è possibile con i Talebani ma Karzai ci dialoga e cerca trattative. Ci hanno detto che siamo lì per una missione di pace: la Nato ha dato il benestare per armare i nostri aerei con le bombe. Ci diranno che sulle bombe che sganceranno ci sarà la scritta "Peace and love" e in Afghanistan si morirà contenti.
domenica 10 ottobre 2010
Spegnere, l'ultima salvezza.
http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_10/grasso-orrore-diretta_49ea98d8-d440-11df-8222-00144f02aabc.shtml
Ero piccola quando Alfredino Rampi cadde nel pozzo, ma ricordo ogni particolare della tragedia. La speranza, l'attesa, l'incredulità, il dolore, il temino a scuola. Grasso mette sott'accusa la TV dell'orrore e fa bene. Ripenso alla cronaca degli ultimi anni: Cogne, Erba, Novi. La partecipazione popolare è stata incredibile, ci siamo trasformati in detective, cercando particolari, dettagli, nuove rivelazioni. A che serve? A chi serve?
Sapere in quale posizione esatta si trova il cadavere, assistere ad interviste esclusive di parenti, spiare ogni gesto dei protagonisti che senso ha?
Dice giustamente Grasso che se anche la TV non continuasse a mandare immagini le cercheremmo su Internet, in ogni canale possibile. Perché ci siamo identificati, ormai. Ci sentiamo parte integrante del dramma e vogliamo sapere, tutto. E se non sappiamo ci lanciamo in ipotesi. Da discutere a pranzo, davanti a FB, mentre prendiamo caffé e cornetto al bar.
Lo stop è affidato alla nostra sensibilità, al nostro buon gusto, alle nostre scelte etiche. Ma se si vive in un'epoca in cui si aspetta con ansia la decima, undicesima serie del Grande Fratello per disquisire su quanto ci sia di vero o di costruito nelle confessioni di chi è sotto l'occhio della telecamera per tutto il giorno, come si fa a trovare il limite della decenza ed impedire che una tragedia diventi anche questa uno show?
Come si fa se siamo tutti presi da quest'ingranaggio malefico, dalla seduzione del pettegolezzo, dalla incapacità di renderci conto che ognuno di noi sta facendo la sua parte?
Ho visto cose in questi giorni che voi umani...Ho chiesto di non sapere, l'ho fatto con fermezza: mi continuano ad arrivare in posta privata link di pagine, articoli, e se anche li segnalo come spam non posso guardare la mia homepage senza trovare confessioni, ipotesi, giudizi, complimenti ai maghi che tutto avevano previsto, condoglianze, sospetti, dettagli dell'ultima ora, foto, video, ricostruzioni...
Certo, passerà. Certo, sapevo sarebbe accaduto. Ma la Tv, i giornali ed anche Internet, il mondo dell'informazione, insomma, dovrebbe aiutarci ad indirizzare le nostre scelte, non dovrebbe alimentare questo desiderio di spettacolarizzazione ad ogni costo.
Ci vorrebbe, forse, un codice deontologico da ridefinire; una presa di posizione ferma da parte principalmente del servizio pubblico; un basta detto da chi ha il potere di farlo. Ed intanto il nostro rifiuto a far parte di questo meccanismo. La differenza possiamo farla noi, spegnendo.
Ero piccola quando Alfredino Rampi cadde nel pozzo, ma ricordo ogni particolare della tragedia. La speranza, l'attesa, l'incredulità, il dolore, il temino a scuola. Grasso mette sott'accusa la TV dell'orrore e fa bene. Ripenso alla cronaca degli ultimi anni: Cogne, Erba, Novi. La partecipazione popolare è stata incredibile, ci siamo trasformati in detective, cercando particolari, dettagli, nuove rivelazioni. A che serve? A chi serve?
Sapere in quale posizione esatta si trova il cadavere, assistere ad interviste esclusive di parenti, spiare ogni gesto dei protagonisti che senso ha?
Dice giustamente Grasso che se anche la TV non continuasse a mandare immagini le cercheremmo su Internet, in ogni canale possibile. Perché ci siamo identificati, ormai. Ci sentiamo parte integrante del dramma e vogliamo sapere, tutto. E se non sappiamo ci lanciamo in ipotesi. Da discutere a pranzo, davanti a FB, mentre prendiamo caffé e cornetto al bar.
Lo stop è affidato alla nostra sensibilità, al nostro buon gusto, alle nostre scelte etiche. Ma se si vive in un'epoca in cui si aspetta con ansia la decima, undicesima serie del Grande Fratello per disquisire su quanto ci sia di vero o di costruito nelle confessioni di chi è sotto l'occhio della telecamera per tutto il giorno, come si fa a trovare il limite della decenza ed impedire che una tragedia diventi anche questa uno show?
Come si fa se siamo tutti presi da quest'ingranaggio malefico, dalla seduzione del pettegolezzo, dalla incapacità di renderci conto che ognuno di noi sta facendo la sua parte?
Ho visto cose in questi giorni che voi umani...Ho chiesto di non sapere, l'ho fatto con fermezza: mi continuano ad arrivare in posta privata link di pagine, articoli, e se anche li segnalo come spam non posso guardare la mia homepage senza trovare confessioni, ipotesi, giudizi, complimenti ai maghi che tutto avevano previsto, condoglianze, sospetti, dettagli dell'ultima ora, foto, video, ricostruzioni...
Certo, passerà. Certo, sapevo sarebbe accaduto. Ma la Tv, i giornali ed anche Internet, il mondo dell'informazione, insomma, dovrebbe aiutarci ad indirizzare le nostre scelte, non dovrebbe alimentare questo desiderio di spettacolarizzazione ad ogni costo.
Ci vorrebbe, forse, un codice deontologico da ridefinire; una presa di posizione ferma da parte principalmente del servizio pubblico; un basta detto da chi ha il potere di farlo. Ed intanto il nostro rifiuto a far parte di questo meccanismo. La differenza possiamo farla noi, spegnendo.
Il metodo Feltri e la libertà del giornalista.
http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_08/sarzanini-ora-ci-divertiamo_bf9ecbac-d29d-11df-8b7c-00144f02aabc.shtml
La notizia della perquisizione de "Il Giornale" è di qualche giorno fa e mi ha lasciata non poco perplessa. Non mi piacciono le censure, meno che mai quelle preventive. Ho letto le intercettazioni per capire meglio, confesso il mio disagio. Marcegaglia critica il Governo, riceve notizia che da questo momento e per venti giorni sarà attuata una campagna denigratoria nei suoi confronti. E' giusto? No. Gli accusati dicono adesso che il tono era scherzoso, io non ci ho trovato proprio nulla da ridere. E non deve aver riso nemmeno Marcegaglia se si precipita a chiamare Confalonieri per farlo intervenire. E qui comincia la mia confusione.
E' legittima la paura che qualcuno possa infangare il tuo nome, è assurdo che ciò possa accadere, ma scendere a patti, cercare un accordo privato con chi ti sta ricattando non riesco proprio a capirlo.
Come mi continua a rimanere ignoto il motivo per cui il portavoce di Marcegaglia, Arpisella, debba rassicurare il vicedirettore de "Il Giornale", Porro, sulla nomina di Riotta al vertice del Sole 24 Ore che sarebbe stata concertata d'accordo con Letta e il cosiddetto premier.
C'è qualcosa che sfugge, in questa storia. Il metodo Feltri è ormai ben noto: se ti permetti di criticare il Governo, sarai punito. Ma chi gli consente di applicarlo? Perché non è stata data comunicazione immediata di ciò che stava avvenendo e si è preferito cercare un accordo?
Perché, in una intervista successiva ai fatti, Marcegaglia tiene a precisare che stima Feltri e lo considera un grande giornalista? Perché?
E a Feltri, Sallusti e Porro che chiedono, giustamente, la libertà d'espressione e di critica dei giornalisti va una sola domanda: perché non si sono limitati a pubblicare uno, due, dieci articoli su Marcegaglia liberamente come chiedono ed hanno invece ritenuto necessario inviare un avvertimento il giorno prima?
Perché la libertà del giornalista è sacra, ribadiamolo, ma non si capisce davvero a che cosa potesse servire, quale scopo si prefiggesse l'sms che preannunciava l'uscita del pezzo.
La questione non è aver scritto o avere intenzione di scrivere qualcosa su Marcegaglia, è capire perché Porro si sia sentito in dovere di lanciare quell'avvertimento. E con questo la libertà del giornalista non c'entra nulla, ma proprio nulla.
La notizia della perquisizione de "Il Giornale" è di qualche giorno fa e mi ha lasciata non poco perplessa. Non mi piacciono le censure, meno che mai quelle preventive. Ho letto le intercettazioni per capire meglio, confesso il mio disagio. Marcegaglia critica il Governo, riceve notizia che da questo momento e per venti giorni sarà attuata una campagna denigratoria nei suoi confronti. E' giusto? No. Gli accusati dicono adesso che il tono era scherzoso, io non ci ho trovato proprio nulla da ridere. E non deve aver riso nemmeno Marcegaglia se si precipita a chiamare Confalonieri per farlo intervenire. E qui comincia la mia confusione.
E' legittima la paura che qualcuno possa infangare il tuo nome, è assurdo che ciò possa accadere, ma scendere a patti, cercare un accordo privato con chi ti sta ricattando non riesco proprio a capirlo.
Come mi continua a rimanere ignoto il motivo per cui il portavoce di Marcegaglia, Arpisella, debba rassicurare il vicedirettore de "Il Giornale", Porro, sulla nomina di Riotta al vertice del Sole 24 Ore che sarebbe stata concertata d'accordo con Letta e il cosiddetto premier.
C'è qualcosa che sfugge, in questa storia. Il metodo Feltri è ormai ben noto: se ti permetti di criticare il Governo, sarai punito. Ma chi gli consente di applicarlo? Perché non è stata data comunicazione immediata di ciò che stava avvenendo e si è preferito cercare un accordo?
Perché, in una intervista successiva ai fatti, Marcegaglia tiene a precisare che stima Feltri e lo considera un grande giornalista? Perché?
E a Feltri, Sallusti e Porro che chiedono, giustamente, la libertà d'espressione e di critica dei giornalisti va una sola domanda: perché non si sono limitati a pubblicare uno, due, dieci articoli su Marcegaglia liberamente come chiedono ed hanno invece ritenuto necessario inviare un avvertimento il giorno prima?
Perché la libertà del giornalista è sacra, ribadiamolo, ma non si capisce davvero a che cosa potesse servire, quale scopo si prefiggesse l'sms che preannunciava l'uscita del pezzo.
La questione non è aver scritto o avere intenzione di scrivere qualcosa su Marcegaglia, è capire perché Porro si sia sentito in dovere di lanciare quell'avvertimento. E con questo la libertà del giornalista non c'entra nulla, ma proprio nulla.
venerdì 8 ottobre 2010
I buoni, i cattivi e l'onestà
Sono tempi di confusione e confesso di non sapermici spesso raccapezzare. Assisto a scontri accesi, trasversali, tutti gridano le loro ragioni, nessun dubbio, mai. Tranne tacere sulle notizie che non fanno comodo alle proprie opinioni, quelle si accantonano, non sono importanti. Io non mi ci ritrovo, davvero.
A me pare naturale che, se disapprovo i metodi usati da b., non posso poi approvarli se ad usarli, quegli stessi mezzi, è l'opposizione.
Se sono contraria ai gruppi di estremisti "neri" che picchiano chi è dissenziente mi pare ovvio che non potrò dire sì agli estremisti "rossi" , perché la violenza è la stessa di prima. Se sono a favore della libertà della donna non cambio idea se viene negata da regimi antiamericani perché la donna è la stessa di prima. Se sono dalla parte dei bambini non taccio quando ad ammazzarli o picchiarli è la madre, perché sono gli stessi bambini di prima. Se lotto per la libertà dei giornalisti non posso non condannare un attentato ad un direttore di destra, perché la libertà è la stessa di prima. Se sono contraria alla pena di morte non la avallo perché è accaduto un fatto di cronaca, perché è la stessa condanna di prima. Se sono per la libertà di confessione religiosa non cambio idea se la costrizione è islamica e neppure se è ateistica, perché è la stessa indipendenza di prima. Se sono contraria al razzismo della lega verso i meridionali non posso essere d'accordo con quello contro i settentrionali, perché il razzismo è lo stesso identico che ho biasimato prima. Se sono dalla parte della Giustizia non cambio la mia idea quando questa tocca un mio conoscente o una donna, perché è la stessa Legge di prima.
Credo ci siano dei valori che sono da preservare intatti e da anteporre ad una bandiera. E che quando due di questi confliggono bisognerebbe guardare a quello più importante non per sè stessi ma per la società. Essere dalla parte degli immigrati non significa tacere quando uno di loro commette un reato perché è un uomo e può sbagliare. Opporsi alla violenza contro le donne non comporta il silenzio quando è una donna ad essere omicida, perché le due cose non sono in antitesi anzi non c'entrano proprio l'una con l'altra.
La conflittualità credo nasca quando si abbracciano ciecamente delle parti e si divide il mondo fra buoni e cattivi in base al tifo per la propria bandiera respingendo ogni possibilità di dialogo e di messa in discussione, insultando l'altro e considerandolo un nemico da distruggere, il male assoluto, con ogni mezzo e in ogni modo.
Sacrificando l'onestà.
Perché il mio reato non è migliore del tuo, la mia violenza non è meno condannabile di quella tua, la mia disonestà non può essere assolta mentre condanno la tua.
Perché io non ho più diritti di te, non li ho e non devo averli.
A me pare naturale che, se disapprovo i metodi usati da b., non posso poi approvarli se ad usarli, quegli stessi mezzi, è l'opposizione.
Se sono contraria ai gruppi di estremisti "neri" che picchiano chi è dissenziente mi pare ovvio che non potrò dire sì agli estremisti "rossi" , perché la violenza è la stessa di prima. Se sono a favore della libertà della donna non cambio idea se viene negata da regimi antiamericani perché la donna è la stessa di prima. Se sono dalla parte dei bambini non taccio quando ad ammazzarli o picchiarli è la madre, perché sono gli stessi bambini di prima. Se lotto per la libertà dei giornalisti non posso non condannare un attentato ad un direttore di destra, perché la libertà è la stessa di prima. Se sono contraria alla pena di morte non la avallo perché è accaduto un fatto di cronaca, perché è la stessa condanna di prima. Se sono per la libertà di confessione religiosa non cambio idea se la costrizione è islamica e neppure se è ateistica, perché è la stessa indipendenza di prima. Se sono contraria al razzismo della lega verso i meridionali non posso essere d'accordo con quello contro i settentrionali, perché il razzismo è lo stesso identico che ho biasimato prima. Se sono dalla parte della Giustizia non cambio la mia idea quando questa tocca un mio conoscente o una donna, perché è la stessa Legge di prima.
Credo ci siano dei valori che sono da preservare intatti e da anteporre ad una bandiera. E che quando due di questi confliggono bisognerebbe guardare a quello più importante non per sè stessi ma per la società. Essere dalla parte degli immigrati non significa tacere quando uno di loro commette un reato perché è un uomo e può sbagliare. Opporsi alla violenza contro le donne non comporta il silenzio quando è una donna ad essere omicida, perché le due cose non sono in antitesi anzi non c'entrano proprio l'una con l'altra.
La conflittualità credo nasca quando si abbracciano ciecamente delle parti e si divide il mondo fra buoni e cattivi in base al tifo per la propria bandiera respingendo ogni possibilità di dialogo e di messa in discussione, insultando l'altro e considerandolo un nemico da distruggere, il male assoluto, con ogni mezzo e in ogni modo.
Sacrificando l'onestà.
Perché il mio reato non è migliore del tuo, la mia violenza non è meno condannabile di quella tua, la mia disonestà non può essere assolta mentre condanno la tua.
Perché io non ho più diritti di te, non li ho e non devo averli.
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