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domenica 10 ottobre 2010

Il metodo Feltri e la libertà del giornalista.

http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_08/sarzanini-ora-ci-divertiamo_bf9ecbac-d29d-11df-8b7c-00144f02aabc.shtml
La notizia della perquisizione de "Il Giornale" è di qualche giorno fa e mi ha lasciata non poco perplessa. Non mi piacciono le censure, meno che mai quelle preventive. Ho letto le intercettazioni per capire meglio, confesso il mio disagio. Marcegaglia critica il Governo, riceve notizia che da questo momento e per venti giorni sarà attuata una campagna denigratoria nei suoi confronti. E' giusto? No. Gli accusati dicono adesso che il tono era scherzoso, io non ci ho trovato proprio nulla da ridere. E non deve aver riso nemmeno Marcegaglia se si precipita a chiamare Confalonieri per farlo intervenire. E qui comincia la mia confusione.
E' legittima la paura che qualcuno possa infangare il tuo nome, è assurdo che ciò possa accadere, ma scendere a patti, cercare un accordo privato con chi ti sta ricattando non riesco proprio a capirlo.
Come mi continua a rimanere ignoto il motivo per cui il portavoce di Marcegaglia, Arpisella, debba rassicurare il vicedirettore de "Il Giornale", Porro, sulla nomina di Riotta al vertice del Sole 24 Ore che sarebbe stata concertata d'accordo con Letta e il cosiddetto premier.
C'è qualcosa che sfugge, in  questa storia. Il metodo Feltri è ormai ben noto: se ti permetti di criticare il Governo, sarai punito. Ma chi gli consente di applicarlo? Perché non è stata data comunicazione immediata di ciò che stava avvenendo e si è preferito cercare un accordo?
Perché, in una intervista successiva ai fatti, Marcegaglia tiene a precisare che stima Feltri e lo considera un grande giornalista? Perché?
E a Feltri, Sallusti e Porro che chiedono, giustamente, la libertà d'espressione e di critica dei giornalisti va una sola domanda: perché non si sono limitati a pubblicare uno, due, dieci articoli su Marcegaglia liberamente come chiedono ed hanno invece ritenuto necessario inviare un avvertimento il giorno prima?
Perché la libertà del giornalista è sacra, ribadiamolo, ma non si capisce davvero a che cosa potesse servire, quale scopo si prefiggesse l'sms che preannunciava l'uscita del pezzo.
La questione non è aver scritto o avere intenzione di scrivere qualcosa su Marcegaglia, è capire perché Porro si sia sentito in dovere di lanciare quell'avvertimento. E con questo la libertà del giornalista non c'entra nulla, ma proprio nulla.

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