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sabato 2 giugno 2012

Lo stalking e la scrittura. Intervista a Nicky Persico.

La storia di Nicky Persico è singolare, come lo è lui, del resto. Avvocato pugliese battagliero su più fronti, tutti di grande impegno civile, è uno dei primi ad occuparsi di stalking su FB (poi proseguendo nella vita reale con l'assistenza alle vittime e la presenza a congressi e convegni sul tema), attraverso un gruppo di auto-aiuto. In qualche modo ciò gli cambia la vita e ne è testimonianza il libro che scrive, "Spaghetti Paradiso", un giallo ambientato in Puglia, scritto con quel tocco umoristico, proprio di Nicky, che non toglie suspence e gravità al racconto. Lo scritto viene notato per le sue qualità indubbie e i diritti acquistati da Baldini Castoldi Dalai che lo ristamperà e lo pubblicherà a breve. Conosco Nicky da anni, ma, per quanto possa essere legata a lui, il mio giudizio sul romanzo è onesto ed obiettivo: toccante, scritto bene, importantissimo per la tematica che affronta. Ed è proprio dallo stalking che parto, in questa chiacchierata, perché la tragedia che si sta consumando in Italia, e che ha il nome di femminicidio, non può lasciarci indifferenti; ma anche e soprattutto perché si conosca meglio che cos'è lo stalking, giacché molte vittime non sono consapevoli di essere tali. Un grazie a Nicky per la sua disponibilità con la certezza (non l'augurio) che il suo libro sarà un successo.


1) "Spaghetti Paradiso" presenta il tema dello stalking: come nasce il tuo interesse per questo problema?

Nasce dalle esperienze dirette che ho fatto durante la mia professione. Per una serie di circostanze, ho iniziato ad avere a che fare in modo ricorrente con questo fenomeno molti anni fa, quando la parola “stalking” era sconosciuta. Molte storie di donne che mi sono ritrovato a difendere si somigliavano, avevano tratti comuni e ricorrenti. Ho così iniziato a chiedermi se fosse solo una coincidenza, o se ci fosse qualcosa di più, dietro. In pratica, è come se avessi fatto lo stesso percorso di una vittima, con tutti i sintomi del caso: sottovalutazione, minimizzazione, convinzione che fosse questione relativa al singolo caso, inconsapevolezza, strumentalizzazione, ed anche manipolazione. Se non conosci il contesto, sei disorientato, e lo stalker ne approfitta a piene mani. Poi ho iniziato a studiare il fenomeno cercando dei riscontri, e ho capito che si trattava di qualcosa di diverso, molto spesso sistematico e pianificato. Con gli anni, poi, è aumentata la consapevolezza, gli strumenti, le possibilità di approvvigionamento di informazioni da parte di esperti nel campo della psichiatria e della psicologia, e quelle di investigazione. Ho avuto maggiori possibilità di imparare, insomma, e ho cercato di farlo al meglio che ho potuto. Ma ho sempre la sensazione di avere ancora tanta strada da fare.

2) E' allarme "femminicidio" in Italia: secondo te perché proprio nel nostro Paese è così preponderante l'uccisione di donne da parte di uomini?

E' un dato cui è difficile trovare una risposta logica. Ci sono Paesi dove la violenza cosiddetta 'di genere' è molto più diffusa, e anche tollerata. Basti pensare, per esempio, alle donne sfigurate dall'acido. La risposta più istintiva che può venire in mente, quindi, è quella che ricollega i dati alla condizione femminile. Ma sinceramente è anche la più sconcertante, e mi piacerebbe tanto rifiutarla. Tuttavia, è innegabile, la condizione femminile in Italia ha visto progressi significativi solo negli ultimi anni, come ad esempio il riconoscimento dei reati sessuali come reati contro la persona, anziché contro la morale. Esiste certamente un modello culturale che, pur essendo in via di eradicazione, è ancora presente. E penso che talvolta venga usato da parte di soggetti senza scrupoli come supporto per crearsi, almeno parzialmente, un alibi da spacciare all'esterno come giustificazione dei propri comportamenti.


3) Che cosa è esattamente lo stalking? Chi ne è vittima ne è sempre consapevole?

Lo stalking è un universo infernale e - mi riferisco ovviamente non a tutti, ma alla stragrande maggioranza dei casi - fatto di manipolazione, viltà, crudeltà, invidia, parassitismo, squallore e idiozia. Manca del tutto, a mio modesto avviso, la non consapevolezza: si tratta di soggetti che compiono le loro azioni in totale padronanza. Piccole persone, capaci solo di accanirsi su qualcuno che è in difficoltà - anche precostituita ad arte con un lunghissimo lavoro preparatorio - e quindi messe scarsamente in grado di difendersi. Quando poi la vittima cerca di sottrarsi, questi soggetti scatenano la loro furia infantile e cieca. Insomma, sono soggetti dannosi per la società, e la società ha il dovere di tutelarsi. Sono come dei buchi neri: intorno a loro generano infelicità attraverso chiunque entra con loro in contatto. E come se non bastasse, sono pure un costo sociale elevatissimo. Cito da una relazione del Parlamento Europeo del 2011: "...secondo gli studi disponibili sui paesi membri del Consiglio d'Europa, si stima che il costo annuale della violenza contro le donne si aggiri intorno ai 33 miliardi di euro". A occhio, per l'Italia credo siano circa 4 miliardi: praticamente una manovra finanziaria. Questa cosa mi torna in mente ogni volta che faccio benzina. Credo ce ne sia abbastanza per fare il possibile e contrastare il fenomeno. Per il bene di tutti. Per quanto concerne il secondo profilo, la vittima non è sempre consapevole di esserlo, perlomeno fino ad un certo punto. Nello stalking caratterizzato da manipolazione, ad esempio, quasi sempre la vittima è convinta di essere addirittura la causa di quello che le accade. Prima di prendere coscienza si colpevolizza, giustifica paradossalmente l'aggressore, e questo la rende addirittura poco credibile. E' un gioco perverso, nel senso che inverte le situazioni, ed è creato ad arte. Il vero inizio del percorso di reazione, quindi, si realizza a mio avviso nel momento in cui la vittima inizia a capire che le cose non stanno così. A quel punto entrano in gioco gli altri presìdi che il manipolatore ha messo in atto, che siano paura, ricatto, o altro (che si traducono anche in poca credibilità, e poca capacità di spiegare tutto questo all'esterno). Il manipolatore, allora, scatenerà altre iniziative, come la diffamazione tesa a dipingere un quadro diverso, in cui la vittima verrà descritta, ad esempio, come una poco di buono, oppure una squilibrata. Tutto, pur di negare all'esterno la vera natura prevaricatrice e violenta dello stalker nei confronti della donna contro la quale si è scatenato. 
Frequentissimi sono, anche, i casi di “doppia vita” dello stalker, che si dipinge magari come incredulo oggetto della vendetta di una relazione amorosa finita male, molto spesso del tutto inesistente, e rivelerà poi, invece, comportamenti seriali pregressi, e talvolta deviazioni sessuali, non infrequentemente la pedofilia. Iniziano quindi, per la vittima che vuole reagire, una serie di ostacoli da superare. Tutto questo alla vittima, come dicevo poc'anzi, sembra un inferno, e invece è solo un polverone, una cortina di fumo, oltre i quali c'è solo un piccolo essere molto cattivo e mediocremente intelligente, che crede - solo lui - di essere un dio in terra. Ma è solo una sua convinzione. Quando la vittima comprende questo, il polverone si dirada come per magia, ed è a quel punto che lo stalker può diventare, però, pericoloso. Questa è, a mio parere, la fase in cui la vittima deve porsi fisicamente in sicurezza. Naturalmente ho descritto una situazione-tipo, mentre ogni caso ha delle proprie peculiarità che vanno di volta in volta considerate. Il mio consiglio è di rivolgersi sempre a professionisti, chiedere aiuto, parlarne. La solitudine, purtroppo, può costare molto cara. Certo, serve molta forza, per fare questo, ma le vittime sono quasi sempre persone straordinarie, e dentro di sé potranno trovarla senz'altro, se in cambio si stanno riprendendo la propria vita. E si renderanno conto, poi, che hanno fatto bene a reagire, che spesso l'uscita è più semplice di quanto sembrava, e che alla fine il diavolo non è mai così brutto come lo si dipinge. Loro sono belle persone, gli stalker no: questo non devono mai dimenticarlo, ed è una realtà che nessuna manipolazione potrà mai cambiare.

4) Nella pratica, che cosa dovrebbe fare una vittima di stalking per proteggersi? 

Informarsi è la prima arma: consapevolezza e autostima viaggiano di pari passo. Decifrare il proprio stalker consente inoltre di porsi in sicurezza nelle fasi cruente che dovessero manifestarsi.

5) Sei un avvocato impegnato su più fronti: quali sono le cause che t'interessano di più? 

Non ho delle preferenze, e del resto il percorso professionale di ognuno è sempre dettato, anche molto, dal caso. Ci sono stati eventi lavorativi, però, che mi hanno inevitabilmente coinvolto per la loro intensità riflessa, come quello dell'ATR 72 precipitato a Palermo nel 2005, o quello del peschereccio di Molfetta affondato nel 1994. Il dato più importante che ne traggo, è la forza della solidarietà. I familiari delle vittime si sono aiutati e si aiutano tra di loro, anche concretamente. Mi riferisco, ad esempio, al supporto fornito dalla Fondazione 8 ottobre di Milano, creatasi a seguito dell'incidente del 2011 dove ci furono 118 vittime, al comitato dei familiari dell'ATR, i cui passeggeri – di cui 16 hanno perso la vita – erano quasi tutti di Bari e provincia. I familiari del disastro di Milano Linate hanno suggerito e incoraggiato la costituzione del comitato di Bari e si sono anche poi costituiti parte civile al processo di Palermo. In seguito, i familiari di Bari hanno a loro volta aiutato quelli del peschereccio, ed è anche grazie a loro che sono stati reperiti i consulenti che oggi affiancano una parte dei difensori. Ci sono stati anche, ad esempio, giornalisti che hanno svolto e svolgono il loro lavoro rendendolo un supporto prezioso, e tante altre situazioni simili. Insomma, una straordinaria catena di persone. Persone umili, coraggiose, ostinate, generose: un vero patrimonio sociale. Non posso citarle tutte, ovviamente, ma loro sanno bene che è proprio a loro, che mi riferisco, e sono proprio loro, che ancora una volta voglio pubblicamente ringraziare.

6) "Spaghetti Paradiso" ti ha 'consacrato' scrittore: come lo sei diventato ed hai intenzione di continuare sulla strada della narrativa?


Lo sono davvero diventato? Non saprei, sinceramente, ma se lo fossi, è stato grazie ad un piccolo racconto, e ad una generosa persona che si chiama Lara Cardella, che lo ha letto e mi ha incoraggiato a pubblicarlo. Poi ci sono state altre persone, che lo hanno letto e ne hanno parlato, e poi altre ancora che mi hanno portato in un posto incantato: il festival “Il libro Possibile”, a Polignano a mare. A proposito: quest'anno si ripete, dall' 11 al 14 luglio. Veniteci, se potete, è un evento irripetibile. Poi mi è accaduto di scrivere un romanzo, per raccontare lo stalking come io lo conosco, rendendolo però 'leggero' il più possibile, al fine di poterne fare anche uno strumento di sensibilizzazione. Ecco, mi ci sono impegnato così tanto che alla fine è piaciuto come romanzo in sé. Poi, dopo l'esordio con una piccola e coraggiosa casa editrice locale, è stato notato in altri contesti, ed è approdato ad una casa di primario rilievo nazionale, Baldini Castoldi Dalai, che ci ha creduto. In tutto questo c'è stato il ruolo fondamentale di un agente, Simone Morandi, che ha messo molta creatività nel suo capace operato, e Alessandro Dalai in carne ed ossa, che una sera, a Milano, nel suo ufficio mi ha detto che il libro era ok. Inutile essere ipocriti: credo di essermi sollevato dalla sedia di una ventina di centimetri, mentre pronunciava quelle parole: il primo caso nella storia di levitazione editoriale, penso. Poi hanno dovuto tirarmi giù di peso per evitare danni alla plafoniera del soffitto. Non lo dimenticherò mai. Sono ancora frastornato, da tutto questo. Comunque, voglio specificare che io non ho scelto di fare lo scrittore: è stato lo scrittore che ha scelto di fare me. Ora scrivo sempre, di continuo, di tutto e su qualsiasi superficie. Se non mi calmo prima o poi mi arresteranno.

7) Com'è cambiata, se è cambiata, la tua vita dopo questo libro? 


Non lo so ancora, ma io mi sento sempre quello di prima. Anzi. Se possibile sono aumentate le mie insicurezze, le mie paure, e di pari passo, però, il mio entusiasmo per lo scrivere e per il mondo dei libri in generale. Sono stato al Salone del libro di Torino: quattro giorni con gli occhi sgranati e il gelato sciolto in mano. Un bimbo. 

8) Sei un esordiente che approda ad una grande casa editrice: possiamo finalmente dare un messaggio di speranza nella meritocrazia ai giovani?

Io, ovviamente, dal mio punto di vista credo proprio di si. Non conosco ancora bene il mondo editoriale, e intendo non al punto, almeno, da esprimere dei pareri attendibili. Certo è che il problema maggiore, ritengo, sia quello di far giungere la propria opera a chi può davvero decidere. Ma è un ostacolo logistico oggettivo, dovuto alla immensa produzione letteraria. Insistere, però, può portare a risultati. Non bisogna arrendersi alle prime difficoltà. Questo credo sia l'unico consiglio sensato che io possa dispensare.

9) Quali sono le tue letture?

Sono il classico lettore onnivoro, perché in ogni libro c'è qualcosa che vale sempre la pena di essere letto: c'è l'anima delle persone, indipendentemente da come è stato scritto. Prediligo, comunque, i libri che fanno ridere, e quelli che fanno pensare. L'ultimo che ho letto è stato “Adolfo Kaminsky: una vita da falsario”. Una esistenza intera dedicata a salvare la vita di persone sconosciute a rischio della propria, una figlia che scopre tutto da adulta e scrive un libro sul padre, una storia vera: struggente. Se potessi, lo farei leggere a tutti i ragazzi del mondo. E anche a tutti gli adulti del mondo, e anche a tutti gli abitanti del mondo: ma solo a loro, però.

10) Quanto di autobiografico c'è in "Spaghetti Paradiso"?

Purtroppo nulla, perché Alessandro Flachi – il protagonista - è forse la persona che avrei voluto essere. Tutti quelli che hanno detto che a leggere il libro sembra di vedere me, si sbagliano di grosso, anche se mi conoscono bene e da tanto tempo. E' una allucinazione collettiva sicuramente. Ripeto, non c'è nulla di me, in quel libro. Lo negherò in qualsiasi sede. Piuttosto, ci sono molte persone che conosco. Amici come il mio amico Nino Ghiro, avvocato penalista, oppure Luca Squicciarini. E' un libro 'altrobiografico', diciamo.

11) Possiamo almeno spiegare il titolo che è decisamente caratteristico?

Non so se resterà tale, quando il libro uscirà. Comunque si ispira ad una ricetta, i cui ingredienti principali sono due persone che si fondono in tutti i sensi, a fiamma allegra. E' una ricetta che racconta una situazione da sogno che chiunque può vivere, se ci fa caso, e nella quale gli spaghetti ci sono davvero, e c'è anche il paradiso. Quel paradiso in terra che è l'Amore, quello con la “M” maiuscola. Quello fatto di comprensione, di anime che si toccano, di corpi che si sfiorano, di labbra che si accarezzano, di occhi che scintillano, di gioia che ti fa volare via, dovunque tu sia. Quello di cui non parlo mai, e che ho voluto raccontare così. Perché ce n'è tanto, intorno a noi, e a volte non lo sappiamo più riconoscere. Per riuscirci, si può provare con la mia ricetta: mi hanno riferito che funziona...



giovedì 24 maggio 2012

Non sono io omofobo, sono loro ad essere gay

Ci sono cose che è difficile raccontare, forse perché si vorrebbe che non fossero mai esistite. Ma ignorare la realtà non serve a combatterla, anzi. Ed allora eccomi a fare un riassunto di giornate folli che non avrei ritenuto possibile (sì, sono un'incurabile ottimista) vivere.
Questa è la storia di un manifesto. Censurato a Battipaglia in previsione della giornata della lotta all'omofobia perché raffigurava due ragazzi che si baciavano. Il motivo della censura era strettamente politico: la giunta di sinistra non voleva dispiacere l'UdC. "I soliti disgustosi affari politici", ho pensato, ma la rete è diversa, FB è diverso, qui c'è la gente comune, gli italiani che non possono censurare un bacio. Posto, dunque, la foto. Devo essere sincera, la maggior parte della rete ha risposto condividendo con entusiasmo, ma. Da una settimana ormai quel post è diventato il luogo deputato per commenti vergognosi dove la parola che più di ogni altra viene ripetuta è "Schifo".
Il peggio è che non puoi rispondere a chi scrive "Che schifo" che è un omofobo, si sente perfettamente legittimato ad "esprimere la sua opinione". Perché siamo in democrazia. Una democrazia in cui puoi insultare chi ha gusti sessuali differenti dai tuoi, ma non tolleri che ti si dica che sei omofobo e non gradito.
La polemica continua: intanto c'è stato un attentato a Brindisi, un terremoto, le elezioni amministrative e il ventennale della morte di Falcone. Nulla, però, riesce a scuotere certi animi quanto un tenero bacio fra due uomini. Di seguito riporto il link alla discussione con molti commenti censurati da FB, quelli più volgari e che potrete facilmente immaginare. Credo che l'Italia abbia ancora molta strada da fare prima di potersi considerare un Paese civile.
http://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150793668417407&set=a.394940057406.174448.188880367406&type=1&theater

sabato 14 maggio 2011

Se lei è oca, lui ce l'ha piccolo.

Sondaggio semi-serio: qual è il peggior insulto per una donna e quale per un uomo?  Come facilmente immaginabile, le risposte son state diverse a seconda del sesso cui si riferivano con una conclusione, però, per certi tratti, sorprendente. Se per lui la peggiore offesa è attinente alla sfera sessuale (impotenza, piccole dimensioni, scarsa virilità), per lei ci si deve spostare sul piano intellettivo. Sorprendente, dicevo, e vado a spiegare perché. Le ultime polemiche sugli insulti rivolti dal premier alle donne hanno toccato la sfera fisica, avendo egli poco cavallerescamente (e per nulla educatamente) rivolto epiteti a Bindi, Iervolino e alle avversarie politiche in genere che le definivano brutte. Lo sdegno di uomini e donne era stato fortissimo. D'altronde l'ingiuria più spesso affibbiata all'universo femminile che circonda b. ineriva la sfera sessuale e morale. E' ben strano che di tutto ciò non vi sia traccia nelle risposte, non almeno con quella rilevanza che ci si aspetterebbe. Se poi spostiamo l'attenzione sugli insulti che più ferirebbero gli uomini nessuno ha risposto "omosessuale". Partendo dal presupposto che "gay" non è e non deve essere considerato mai un'offesa c'è però da registrare il salto fra realtà e ideale. Nella vita quotidiana, quando si vuole insultare un uomo è proprio omosessuale, nelle varianti più triviali, che gli si dice; così come se si vuole offendere una donna è la sua moralità la prima ad essere messa in forse. Lo scarto, quindi, fra realtà e risposte ottenute dal sondaggio  credo debba essere ricondotto al fatto che ci sia stata una sorta di autocensura motivata soprattutto dalla mancanza di anonimato. Un voler pensare politicamente corretto che ha comunque privilegiato il rispetto verso la donna e gli omosessuali. Il che è sempre una buona notizia.

mercoledì 11 maggio 2011

Noi e la pena di morte.

Il sondaggio questa volta verteva sulla pena di morte, nei giorni immediatamente successivi all'uccisione di Bin Laden. Le polemiche son state molte, altrettante le accuse contro Obama per non aver fatto prigioniero il capo di Al Qaeda lasciandolo in vita. Abbandono qui la discussione sulla uccisione di Osama perché era solo lo spunto per la domanda. Difatti, pochissimo ha inciso nelle risposte: non è la strage il reato per cui, più di ogni altro, i sostenitori della pena di morte hanno votato. Innanzitutto, il dato più rilevante: essendo la domanda "Per quale reato vorresti venisse applicata la pena di morte" c'era l'opzione "Sono contrario senza eccezioni", poi duplicatasi in "Nessuno"; ebbene, nonostante vi fosse questa possibilità di scelta la maggioranza dei votanti si è espressa a favore della pena capitale. Questo, lo confesso, mi ha sorpreso non poco. Moltissime sono state le campagne per l'abolizione della pena di morte, in tanti ci siamo mobilitati per salvare la vita a Sakineh, pensavo che l'idea di uno Stato boia sarebbe stata considerata barbara e rigettata ampiamente. Probabilmente, ciò è dovuto alla sensazione che una vera giustizia non si riesce ad ottenere e che il criminale, in un modo o nell'altro, la farà comunque franca. Ed eppure c'è un dato che mi sconvolge: il reato per cui si invoca la pena di morte è principalmente la pedofilia. Comprensibile: il male fatto sui bambini è quanto di più esecrabile ed odioso si possa immaginare. Ciò che mi è meno comprensibile è lo stacco significativo fra la pedofilia e l'infanticidio, quasi fossero due reati totalmente diversi o, comunque, incomparabili per gravità. Se ciò può essere anche vero è illogico che una violenza sessuale sia considerata più grave dell'omicidio di un bambino, così come risulta dalle risposte. Ed allora c'è da chiedersi: quanto influisce su di noi l'enfasi data alle notizie di cronaca dai media? Lo scandalo che ha investito la Chiesa cattolica riguardava appunto la pedofilia, sempre più spesso vengono alla luce giri di pedofili per fortuna scoperti, il principale pericolo che i genitori avvertono per i propri figli è proprio quello dello sconosciuto che rubi loro l'innocenza. Ripeto, tutto ciò è comprensibile. Viviamo di emozioni e di paure alcune delle quali non del tutto razionali. Forse, però, un certo distacco ed una valutazione più critica delle notizie che i media ci offrono sarebbero necessari. Quanto meno per non arrivare all'assurdo di considerare la morte di un bambino meno grave di una sua, terribile, subita violenza.

domenica 8 maggio 2011

Noi, i politici e i problemi reali dell'Italia.

Continuando ad esaminare i risultati dei sondaggi effettuati su FB grazie alla funzione "Domanda", una riflessione è dovuta riguardo alla politica attuale. Se è vero che in molti godrebbero a vedere elemosinare o a trattar male i rappresentanti del nostro Governo, nel momento in cui chiedo quale sia il problema principale del nostro Stato la risposta che di gran lunga predomina sulle altre è "disoccupazione". Considerando che chi partecipa a questi sondaggi è nella maggior parte dei casi in opposizione al Governo attuale (non necessariamente identificandosi con la sinistra), emerge il dato significativo che nell'analisi della realtà quotidiana chi critica la politica attuale non è ossessionato da b. ma tende piuttosto a guardare in modo preoccupato alla crisi che ha colpito il nostro Paese e che questo Governo si dimostra incapace di fronteggiare. Il gusto per la vendetta, voler vedere umiliati i potenti, non sembra guardare in faccia a bandiere e colpisce a destra come a sinistra. E' tra l'altro sorprendente che Santanchè risulti essere la più votata alla domanda "Chi vorresti assumere come cameriere per trattarlo malissimo?", a dimostrazione del fatto che è principalmente la boria di alcuni personaggi ad infastidire non una prevenzione cieca nei confronti dell'avversario. Oltre all'arroganza del potere si intende inoltre colpire il servilismo se i nomi citati, dopo Santanché, sono Capezzone, Alfano e Bondi. Il disgusto per la classe dirigente politica e il desiderio di liberarsene con una sorta di tocco magico emergono invece quando la domanda è "Chi manderesti in esilio?": le prime due posizioni sono occupate da b. e Bossi, finché non viene aggiunta l'opzione onnicomprensiva "Berlusconi & Co." che supera tutte le altre risposte inglobandole ma non fornendo così la possibilità di esaminare criticamente il personaggio nel desiderio di fare tabula rasa di tutto il panorama politico (compresa l'opposizione identificata in Bersani, D'Alema, Veltroni). C'è certamente un rifiuto per chi incarna il potere poltico e la disillusione verso chi dovrebbe portare avanti le istanze dell'opposizione, ma il dato che mi sembra più rilevante è la presa di coscienza dei problemi reali del cittadino. Disoccupazione e precariato sono avvertiti come i mali peggiori superando perfino la mafia e il berlusconismo inteso sia come pericolo per la democrazia sia come sinonimo di malaffare. Il che ci dà un'immagine del cittadino (quello che ha partecipato al sondaggio, naturalmente) poco incline a preoccuparsi dell'ideologia nel momento in cui in gioco c'è il presente ed il futuro suo e della generazione ventura. Un quadro sconsolante perché all'orizzonte non sembrano vedersi soluzioni nella media distanza per non parlare dell'immediato.

sabato 7 maggio 2011

Noi e la Chiesa cattolica.

Da poco, una settimana circa, tra le funzioni presenti su Facebook, è stata inaugurata l'opzione "Domanda". Per quel che può valere un sondaggio fra amici e con lo svantaggio di non consentire l'anonimato, è comunque interessante riflettere sulle risposte date. Avevo chiesto che cosa non si ritenesse condivisibile nella Chiesa cattolica. L'opzione preferita è stata "L'ingerenza negli affari dello Stato italiano" e ciò secondo me dà una chiave di lettura importante sul rapporto con la religione. Non è infatti una posizione ateistica o anticlericale quella che emerge, né è particolarmente votata l'opzione che respinge la Chiesa cattolica tutta e senza distinguo. L'esigenza che affiora è piuttosto di una laicità che non viene avvertita (perché non c'è) e di mantenere ben separate la sfera religiosa da quella politica. Ciò significa che la critica che da più parti si leva, di poca tolleranza nei confronti del Cattolicesimo, è in malafede, giacché, al contrario, ciò che si vorrebbe è che la Chiesa tornasse ad occuparsi di spiritualità. Non a caso la seconda critica verte sull'eccessivo lusso di cui si adorna il Vaticano: da parte perfino e soprattutto dei credenti c'è la richiesta di un messaggio che sia più in sintonia con quello di Gesù. E che apporti maggiore rispetto per le minoranze, per gli omosessuali, per le donne, per le altre confessioni religiose.
Il messaggio per la Chiesa cattolica mi pare chiaro: c'è una comunità che ha bisogno di credere, ma che vuole avere una guida coerente e che non la costringa a scendere a patti con i propri valori in nome di divieti ormai obsoleti. A non tenerne conto si rischia di disperdere questo potenziale umano e di consegnarlo all'ateismo proprio in virtù dei dettami del Cattolicesimo.
Un'ultima considerazione: qualcuno si è chiesto perché la domanda vertesse solo sulla Chiesa cattolica. Mi sarebbe piaciuto estendere il discorso a tutte le altre confessioni religiose, ma non ho le conoscenze e competenze adeguate per parlare di Islamismo o Confucianesimo. Parlo esclusivamente di ciò che conosco.

martedì 26 aprile 2011

25 Aprile e il revisionismo fascista

http://libero-news.it/news/722928/La_democrazia_nasce_il_18_aprile_del__48_Quando_De_Gasperi_sconfisse_i_comunisti.html
Mi capita giusto ieri di leggere questa riflessione di Pansa. Già, ieri, quando una parte d'Italia (minoranza idiota) si affannava a gridare, anche attraverso manifesti uno più squallido dell'altro, che nulla c'era da festeggiare se non la Pasquetta o San Marco. Bontà loro, i fascisti sembrano credere nel cattolicesimo, se conviene, è naturale. Ma quei poster, le esternazioni farneticanti dei legaioli si fa presto ad archiviarli come frutto di dementi ignoranti, lo stesso non si può fare quando a parlare è Pansa. Lo studioso, lo storico, ha un'altra autorictas, quella che a "Libero" serve per la sua propaganda. E quali riflessioni ha prodotto la mente illuminata di Pansa? Si sa, ormai è più o meno un martire da quando pubblicò "Il sangue dei vinti" nel desiderio di rileggere la storia della Resistenza dalla parte delle vittime dei partigiani. Rincara quindi la dose. Ma andiamo agli argomenti: secondo Pansa non vi è nulla da celebrare perché a fronteggiarsi erano giovani con ideali diversi ma pur sempre ideali. Chiede se sia giusto demonizzare chi appoggiò il fascismo e in nome di quell'ideale fu ucciso. L'unica risposta che si può dare al libero pensatore è un'altra domanda: è giusto demonizzare i giovani nazisti che, per un ideale, massacravano gli Ebrei?
Non contento, ci rivela che in Italia si combattè una guerra civile: grazie, il sospetto devo dire che l'avevamo avuto. Non avevamo immaginato che i partigiani fossero riusciti a liberarci dalla dittatura fascista senza colpo ferire e senza lasciare essi stessi la loro vita per questo. Ma Pansa dimentica (vuole dimenticare) che la guerra civile era già in atto in Italia: da quando il duce aveva instaurato il fascismo, ogni giorno venivano privati della loro libertà e della loro vita cittadini che osavano non condividere le idee di quel pazzo. E sa, Pansa, in quello scontro gli antifascisti erano assolutamente inermi, mentre le squadracce erano ben armate e nient'affatto propense al dialogo.
Ora, se si vuole riconsiderare la Storia con obiettività non si deve guardare alle conseguenze senza aver prima spiegato le cause; così come non si deve tacere, non si può tacere dei crimini dei fascisti che di colpo vengono cancellati. Altrimenti si è disonesti. E peggiori degli idioti deliranti che, almeno, non sanno ciò che è successo.