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lunedì 27 settembre 2010

Le inchieste e le intimidazioni. Intervista a Gianni Lannes

D: La tua ultima inchiesta si occupa del caso Barilla e
l’'amianto presentenello stabilimento di San Nicola di Melfi: possiamo spiegare
la gravità  del problema?

R: A rigor di cronaca le ultime due inchieste pubblicate
toccano il tema della libertà, del controllo sociale, del
potere senza vincoli, in altri termini del militarismo
imperante e dilagante da occidente a oriente. Di che parlo?
Rivelazioni disarmanti: “Europa: super polizia militare
sotto lo zio sam” e “Indirizzi in vendita”. Quanto
alla nota multinazionale industriale del cibo si è
trattato semplicemente di un reportage a San Nicola di Melfi
in provincia di Potenza. Sono sbarcato nuovamente in Lucania
solcando nell '’intimo questo meraviglioso e saccheggiato
territorio per raccontare la quotidianità della
metamorfosi predatoria. Alla Barilla c’'ero già stato due
anni fa per conto del quotidiano La Stampa. L’11 ottobre
2008, infatti, quel giornale ha pubblicato la mia inchiesta
in prima pagina. Non ho più gli aggettivi per definire
questa situazione: uno stabilimento di prodotti alimentari
imbottito di amianto a perdere notoriamente cancerogeno.
L'’asbesto è stato messo al bando in Italia nel 1992 con
la legge 257. L'’amianto alla Barilla (controllata al 49%
dalla famiglia elvetica Anda dedita al traffico di armi) –
come attestano i riscontri tecnici – è ormai friabile.
Purtroppo l’'inalazione anche accidentale provoca danni
mortali (mesotelioma pleurico). I fratelli Barilla negano
l’'evidenza; anzi tramite lo studio legale Mariconda
Vincenzo di Milano pretendono che rimuova il testo.
Oltretutto un poliziotto del commissariato di Melfi, tale
Antonio Pennella, che si era materializzato mentre affondavo
il bisturi fotografico sull'’azienda di Parma, mi ha
telefono per chiedermi di soprassedere, ovvero di non
scrivere quanto avevo scoperto e verificato il 7 settembre
2010. Il questore di Potenza mi ha  personalmente assicurato
che l’'agente di polizia è stato sospeso dalle funzioni.

D: E'’ emergenza rifiuti: ti opponi agli inceneritori,
quali soluzioni proponi?

R: Premessa: non ho la bacchetta virtuale come Berlusconi o
Vendola. Il caos affaristico è stato creato a tavolino da
multinazionali (la piovra Waste Management sbarcata dagli
Usa negli anni ’80) del settore e dalla partitocrazia
imperante nel Belpaese. Nell’'anno 1993 l’'Italia ha
quotato in Borsa i rifiuti, iniziando contestualmente a
truccare le regole in materia merceologica; in sostanza
trasformando le scorie in “merci”. Le infrazioni
dell'’Ue non si contano ormai più, ma a pagare siamo solo
noi cittadini. Un esempio a portata di mano?
L'’inceneritore di proprietà della Marcegaglia realizzato
illegalmente a Massafra in provincia di Taranto. Ovvio: i
rifiuti  (rsu: solidi urbani) sono una risorsa – lo
attestava già nel 1982 il DPR 915 – occorre dunque
recuperarli modificano a monte il ciclo di produzione.
Soluzioni semplici nel breve periodo: drastico
ridimensionamento del nostro stile di vita, raccolta porta a
porta. Insomma: Vedelago docet, tanto per aprire le danze e
rinunciare immediatamente al superfluo. Al bando
l'’oligopolio degli esperti a pagamento. Gli inceneritori
chiamati impropriamente “termovalorizzatori” aggravano
il problema disperdendo nell’'atmosfera e non solo
l’'inquinamento a base prevalentemente di diossine
cancerogene e bioaccumulabili, furani, nanoparticelle,
esaclorobenzene, eccetera eccetera. E'’ pura follia
dissipare l'’energia termica.

D: Perché ad occuparsi d’ambiente si ricevono minacce e
si viene isolati?

R:Lo svilimento della Natura è l’'ultimo affarone del XXI
secolo a scapito dell’'umanità. Chi tocca muore.

D: Come spieghi il silenzio della ministra Prestigiacomo su
questioni così
importanti?

R:L'’attuale responsabile pro tempre del dicastero
“ecologico” vanta macroscopici conflitti di interesse in
materia di degrado ambientale e azzeramento della vita di
chi lavora. Dubitate? Fate un salto a nord di Siracusa. La
Prestigiacomo è stata piazzata dal piduista di Arcore,
tessera numero 1816.

D: Traffico d'’armi e ambiente: qual é il legame?

R:Scontato: lo sfruttamento della Terra ed il controllo
dell'’umanità. La giornalista Ilaria Alpi ed il cameraman
free lance Miran Hrovatin sono stati assassinati dai sicari
di questo sistema internazionale (potere
economico+Stati+servizi segreti+organizzazioni criminali)
perché rischiavano di evidenziare le rotte finali
(intersecanti) che dal crasso occidente muoiono in Somalia
(e nei paesi del terzo mondo, Mezzogiorno d’'Italia e
Mediterraneo compreso). Addirittura il presidente di una
commissiona bicamerale, ossia Carlo Taormina ha assoldato
come consulente – retribuito dagli ignari contribuenti –
Giancarlo Marocchino uno dei principali sospettati del
duplice omicidio. Ricordate com'’è finita nel 2006?
Secondo il Tao i due italiani erano in vacanza, uccisi da
rapinatori integralisti islamici. Proprio il 18 marzo 2006
il quotidiano" Il Manifesto"  ha pubblicato una mia inchiesta
al riguardo titolata "“Il secondo omicidio di Ilaria,
targato Taormina"”.  Questo approfondimento doveva essere
pubblicato dal Corsera, ma alla fine i colleghi di via
Solferino non hanno mostrato coraggio.

D. In che modo hanno cercato di fermarti e chi ti ha
sostenuto?

R:Tentativi di corruzione (un imprenditore in seguito
arrestato, vale a dire Rocco Bonassisa, mi aveva offerto 600
mila euro nel 2008 per non portare a termine
un’inchiesta). Censura, minacce di morte e alcuni
attentati. Non è tutto: uno stillicidio di intimidazioni
non ancora arrestato nonostante le denunce circostanziate e
la tutela del Ministero dell’Interno dal 22 dicembre 2009.
Non so quanto potrà durare. Se mi accadrà qualcosa di
spiacevole avrà le sembianze di un incidente. Beninteso:
non ho alcuna intenzione di suicidarmi, ma di portare a
termine l'’inchiesta sulle navi dei veleni, nonostante il
disimpegno dell'’intero ceto politico italiano, l'’assenza
di finanziamenti per le ricerche, ma soprattutto i muri di
gomma istituzionali. Sostegno? Pochi amici. Sono libero,
indipendente, autonomo. Non serve a nulla la solidarietà a
parole, se non a delegare all'’altro una responsabilità
gigantesca.

D: Quali sono le inchieste di cui sei più fiero?

R: Cito solo un caso. Il lavoro di approfondimento che ha
corroborato il mio libro "NATO: COLPITO E AFFONDATO: una
strage di stati della Nato tuttora impunita, su cui vige un
duplice segreto (militare e civile).

D: Può esistere una politica pulita?

R: Non basta ripulire il parlamento, comunque infestato di
ladri, mafiosi e piduisti. L'’etica e le idee da praticare
per il bene comune sono fondamentali. Forse è un segno dei
tempi. Tutto va consumato velocemente, tutto deve procedere
a un ritmo accelerato. E a contare ogni giorno è
l'’organizzazione e l’'efficienza, la visibilità, il
calcolo del rapporto costi e benefici, l’'appetibilità
dei prodotti. Purtroppo ci rapportiamo agli altri in
qualità di merci. Conta solo chi vince? Si può smettere
di pensare solo ad essere più veloci, più alti e più
forti, o forse più furbi e scegliere di procedere più
lentamente, più in profondità, con più dolcezza.

D. Quali sono gli argomenti che non si devono toccare in
Italia?

R:Petrolio e nucleare: Enrico Mattei, Mauro De Mauro, Pier
Paolo Pasolini, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Natale De
Grazia… Vittime eccellenti.

D: Qual è il dovere di un giornalista? Tocca a lui
denunciare?

R:Ad un cronista si chiede di raccontare i fatti, di spiegarli
con riscontri documentabili; in ultima istanza di
controllare il potere. Per dirla con Giuseppe Fava, un
maestro del mestiere assassinato dalla mafia a Catania il 5
gennaio 1984: “Io ho un concetto etico del giornalismo. Un
giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni,
frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il
buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o
per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani
che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le
sopraffazioni, le corruzioni, e le violenze che non è
stato mai capace di combattere”. Occorre il più
possibile dire la verità. Quella scomoda, quella che
urtica, quella che obbliga al realismo. Possiamo fare
qualcosa? Ho il dovere di sperarlo e di essere contagioso. A
questo serve la cultura. Insieme possiamo piantare un seme
importante. Insieme possiamo iniziare a mutare le cose.
L'’unico modo di combatter la paura di tanti è costruire
speranze non solo per pochi. Il bene di tutti viene prima
dell’'interesse (economico) di pochi privilegiati. Avanti:
il destino è nelle nostre mani. Su la testa.
http://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Lannes

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