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lunedì 20 settembre 2010

Sull'affido condiviso. Deliri percentuali.

C'è una polemica che imperversa da giorni in rete: la mancata applicazione dell'affido condiviso da parte dei giudici dei Tribunali per i minori. A sostegno dell'accusa c'è una cifra, 85%. E' il numero in percentuale dei casi in cui il minore viene affidato alla madre. Ora, io ritengo che prima di levare grida bisognerebbe sapere sempre di che cosa si sta parlando, quanto meno per non ingenerare confusione in chi legge e non gettare discredito su chi compie il proprio dovere. Esaminiamo la legge e vediamo dove e come i giudici la disattenderebbero:
    «Art.    155. – (Provvedimenti riguardo ai figli). Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
    Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
    La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente."
Allora, il dovere del giudice è quello di fare in modo che il minore abbia un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, possibilmente cercando di mantenere lo status quo prima dell'avvenuta separazione per non causargli traumi e garantirgli stabilità.
Da nessuna parte è invocato un ipotetico affido alternato né si parla di percentuali. Si cerca, come ovvio, di dare al minore la garanzia che sarà accudito come in passato da entrambi i genitori. Che vi debba essere un 50 % è una deduzione personale, infondata ed illogica.
Questa sì sessista.
Se un bambino è stato accudito nella sua infanzia prevalentemente da un genitore, se quel genitore l'ha sempre cambiato quando si sporcava, gli ha dato da mangiare, sa riconoscere i diversi tipi di pianto è follia, in base ad un orientamento sessista, affidarlo a chi fino a quel momento gli si è avvicinato nel tempo libero per giocare con il pupetto. Non ci si improvvisa genitori dopo la separazione accampando diritti che sono in contrasto con l'interesse del proprio figlio, non lo si fa.
E' durante la convivenza che ci si preoccupa di avere un rapporto con il minore, da subito, da appena nato; non si aspetta di essere separati per richiedere un fifty-fifty che destabilizzi il bambino, chi avanza una pretesa del genere non tiene in nessun conto il benessere di chi dice di amare.
Quale giudice potrebbe mai decidere di affidare un bambino a chi non conosce le sue esigenze?
E perché mai gli dovrebbe interessare, al giudice, se si parla di padre o madre? Se la percentuale è "a favore" delle donne significa soltanto che sono state loro quelle che si sono occupate dei bambini prevalentemente e questa è la radiografia della realtà. Se non sta bene all'altro genitore si adoperi per essere più presente quando si è ancora famiglia, faccia valere il suo santo diritto ad alzarsi la notte per calmare il bambino che strilla, a vestirlo ogni mattina, a preparargli i pasti ed imboccarlo, a curarlo quando sta male, a cambiargli il pannolino; non permetta che sia solo l'altro a provvedere, si faccia sentire.
Non può perché lavora e quindi per questo demanda all'altro? Ottimo, che cosa è cambiato con la separazione? Non lavora più? O ha  deciso che assumerà una amorevole tata per occuparsi del bambino in sua vece e al posto di chi l'ha seguito fino a quel momento? In nome di che, esattamente? Non della legge, che tutela il minore, abbiamo visto, e che non parla mai di percentuali.
E, dunque, il genitore meno presente con molta umiltà e tanto amore, si avvicini a quel bambino che non ha conosciuto, non lo pretenda come un risarcimento danno subìto, rinegozi gli spazi, lo aiuti a crescere; è un bambino che sta già soffrendo, infliggergli nuovo dolore è disumano. Allo stesso modo, l'altro genitore rispetti non solo quel che ha stabilito il giudice, ma pensi al benessere di suo figlio: non gli tolga la presenza, fondamentale, che ha sempre avuto accanto, la favorisca, non usi il piccolo come un'arma per punire chi è stato magari un cattivo coniuge.
Senza invocare idiote percentuali. Senza addossare colpe ai giudici che non ne hanno.
Nell'interesse del minore.http://www.camera.it/parlam/leggi/06054l.htm





  

1 commento:

  1. Appunto, basta dall'usare i minori, come un ricatto contro l'ex coniuge, basta manipolarlo, basta renderlo ancor più infelice!

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